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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Il Gran Ballo nel 1800

da | Gen 24, 2022

Foto Archivio Società di Danza – Ballo delle Cinque Giornate, Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano

Indossare un abito storico è come entrare in punta di piedi nel passato, omaggiare un retaggio, inchinarci alle nostre stesse radici. Se quello che all’inizio colpisce lo spettatore è il trionfo di stoffe degli abiti delle dame e l’ampiezza delle crinoline, man mano che ci si ferma a guardare, ad ascoltare, ci si può far trasportare nella medesima magia in cui sono immersi i ballerini. Noi danzatori, infatti, in quel momento stiamo facendo rivivere il passato in ogni volteggio, in ogni inchino e ci siamo presi del tempo per interiorizzare un’arte dimenticata, respirarla, gustarla coi suoi silenzi, le sue attese e i suoi ritmi. Possiamo tagliare fuori il mondo moderno per una sera, vivere con la lentezza dei secoli passati, senza la frenesia che ci contraddistingue e che che impedisce di gustare piccoli piaceri come un sorriso o un passo di valzer.

Alcuni osservatori superficiali sono portati a pensare che la danza di società dell’800 sia un passatempo da ricchi annoiati, nostalgici del Risorgimento ripiegati sui fasti di un passato in cui erano nobili, invece chi si lascia coinvolgere dalla danza, quando invitiamo il pubblico a ballare con noi, si trova davanti un mondo inaspettato fatto di persone che semplicemente amano danzare col sorriso sulle labbra e amano farlo al ritmo delle grandi opere degli autori del XIX secolo, con le coreografie originali dell’epoca e non c’è visitatore che, dopo aver ballato con noi la Marcia Roma o il Pas des Trois, non sia andato via con il volto sereno e disteso e un ricordo prezioso nel cuore.

Foto Archivio Società di Danza – Gran Ballo di Natale 2017, Reggia di Monza

Il ballo nel 1800 era un evento sociale, spesso l’unico modo per le fanciulle di approfondire la conoscenza con gli scapoli più appetibili ed era andato aprendosi trasversalmente tanto alla nobiltà che alla borghesia, pur conservando regole di etichetta rigide e rispettose di un’educazione formale, inquadrata da decenni di rapporti sociali. Era un modo per ribadire il proprio status e per trovare marito, anche perché vigeva il detto “Tre balli fanno un matrimonio” ed era inteso come tre eventi separati nel tempo, come necessari a individuare il miglior partito, ma anche tre danze in uno stesso evento, cosa che era accettabile solo in caso di fidanzamenti.

Il Gran Ballo nell’Ottocento era dunque il centro della vita sociale e culturale tanto per l’aristocrazia che per la neonata borghesia, che usciva dal 1700, il secolo dei lumi e delle grandi Rivoluzioni, con delle nuove prospettive. I nobili, comunque e sempre, dettavano legge sul gusto e le tendenze della moda, rivaleggiando tra loro per il Gran Ballo più sontuoso e più originale nell’allestimento, ma sempre con un occhio al decoro e alla rigida etichetta. Inviti, ingressi, successione delle danze, pause e intrattenimenti erano regolati da un Maestro di Cerimonia, arbitro di gusto ed eleganza, che vigilava sul sereno svolgimento dell’evento.

Foto archivio personale – Reggia di Monza

Tutto era quindi codificato, dal colore degli abiti – bianco per le fanciulle al debutto e nero per le dame che non avrebbero ballato – al galateo del ventaglio, che esprimeva una serie di concetti attraverso la mimica dell’apertura, della chiusura, del modo in cui era mosso e quali parti del volto sfiorava o celava. La varietà del cibo, le pietanze più esotiche, l’arredamento e l’intrattenimento offerto agli invitati erano pure codificati, così come la successione delle prime danze – la promenade di ingresso, con gli ospiti che seguivano i proprietari di casa in ordine a seconda della loro importanza sociale, due countredanses, poi la quadriglia – e l’orario di inizio dell’evento – le undici per i balli pubblici o orari variabili decisi dagli organizzatori dei balli privati. Anche il numero massimo dei partecipanti doveva essere codificato per evitare un eccessivo affollamento, a meno che l’evento fosse di beneficienza, per raccogliere donazioni.

Il cavaliere aveva degli obblighi nei confronti delle dame presso le quali aveva chiesto un ballo, segnando il proprio nome sul carnet della donna, accanto alla danza prenotata, ovvero essere puntuale al momento di ballare con lei, non parlare troppo durante la danza e sempre sottovoce, riaccompagnarla alla sua seggiola presso i suoi parenti, senza offrirle da bere o, peggio, di riaccompagnarla a casa. Non poteva sedersi accanto a lei se non invitato e non poteva prenotare più di un ballo o più in avanti nel tempo del quarto pezzo libero sull’elenco. Molto importante durante l’invito era l’inchino formale e la finezza di non andare a cercare subito un’altra dama in caso di rifiuto.

Foto archivio Società di Danza, Reggia di Monza, Gran Ballo di Natale 2018

Ma anche la dama aveva i suoi obblighi e, se non aveva motivo di rifiutare un invito, nel momento in cui l’avesse fatto, poi non avrebbe più potuto ballare con altri. A lei poi spettava decidere quanta confidenza dare al cavaliere anche dopo il ballo, in caso si fossero incontrati in seguito. Innanzitutto era necessario essere presentati, prima di poter parlare con una dama e invitarla a ballare e questa formalità spesso era sbrigata dallo chaperon, ovvero l’accompagnatore (uomo o donna), di una dama, ma anche dopo questa prima conoscenza, era la dama a decidere se rivolgere la parola al cavaliere anche per strada, oppure fare finta di non conoscerlo, impedendo a lui perfino di salutarla o avvicinarsi.

Da che età si poteva partecipare ai balli? Tanto le fanciulle che i ragazzi dovevano fare il loro Debutto in società, ovvero presentarsi a un ballo accompagnati da un parente (di solito la madre per i ragazzi e il padre per le ragazze) ed essere presentati ufficialmente al consesso dei presenti. Questo avveniva per i ragazzi al termine degli studi, al momento del conseguimento del diploma e per le ragazze quando avessero raggiunto l’età da marito, di solito tra i sedici e i diciotto anni.

Foto archivio soci – io che danzo con Otto il Valzer dei Fiori

Cosa si ballava a questi eventi? L’800 è stato senza dubbio dominato dalla dinastia Strauss, con la loro vasta produzione di pezzi per ogni tipologia di danza, ma spesso venivano rivisitati arie e pezzi di opere teatrali e concerti, per adattarli a tempi più brevi e ritmi consoni alle danze preferite dal pubblico in quel determinato periodo. Fino a circa la metà del secolo era infatti la musica a cambiare, mentre la successione dei passi restava sempre la medesima, e non sempre aveva un nome. Il cambiamento iniziò proprio col dare un nome alle coreografie più diffuse e apprezzate ed ecco che balli come la Quadriglia dei Lanceri o la Francese, sono transitate immutate per tutti i decenni, arrivando intatte fino a noi che ancora le balliamo coi medesimi passi e le medesime figure. L’espediente di non modificare il ballo, ma solo la musica, permetteva ai danzatori di non dover memorizzare troppi schemi, limitandosi ad applicare le medesime sequenze a musiche sempre nuove in qualsiasi parte d’Europa stessero ballando. Non c’è collante sociale più forte che ballare i medesimi passi, anche se non si parla la medesima lingua!

Studiando la storia della danza di società, si nota come le varie danze si siano modificate nel corso del tempo, cambiando i nomi a seconda del luogo, lasciando indietro alcuni stili per mantenerne altri. Se alla fine del 1700 era ancora in voga il Minuetto, ovvero una sequenza di passi e inchini, fatta tutta di allusioni, inviti e gioco di seduzione basato sugli sguardi e la gestualità, il nuovo secolo porta nuove idee in giro insieme all’esercito di Napoleone, che conquista man mano l’Europa e unifica anche il modo di ballare, diffondendo usi e balli locali nel resto dei territori. Sebbene un ballo per divenire parte del repertorio delle danze di società dovesse superare lo scoglio dell’apprezzamento del pubblico francese, è evidente che anche in Italia si iniziò a conoscere il Valzer germanico, la Polka e la Mazurka dell’Europa dell’Est. E in quei territori andò diffondendosi l’abitudine alla Marcia, alla Quadriglia e al Galop. E così le Country Dances inglesi e scozzesi evolvono nelle countredances francesi, che mantengono la disposizione dei cavalieri e delle dame su due linee parallele e lunghe (long ways), come nella foto sotto. La contraddanza alla francese prenderà poi il nome di Quadriglia, poiché le coppie si dispongono in quadrato, ma negli Stati Uniti acquisisce il nome di Cotillon, che qui da noi invece indica una danza “gioco” che animava le serate e, quando arriva il vero Cotillon, questo viene chiamato Cotillon germanico. Un bel rebus vero? Ma cos’è esattamente il Cotillon? Ebbene, chi di noi non ha mai partecipato al gioco della sedia? O al ballo della scopa? Ebbene queste non sono che versioni moderne del Cotillon!

Foto archivio Società di Danza, Gran Ballo di Natale 2021

L’800 segna quindi due importanti rivoluzioni nell’ambito dei balli di società: la prima è il passaggio da danze di gruppo (minuetto, marce, country dances e quadriglie) a danze di coppia (valzer, polke e mazurke) in cui i ballerini, abbracciati con vari modi di intrecciare le braccia, eseguivano passi, figure e volteggi con una vicinanza e un contatto fisico impensabile prima del 1830, anno in cui il Valzer esce dall’ambito locale tedesco per essere scoperto e apprezzato proprio per la sua audacia.

La seconda rivoluzione riguarda le possibilità coreografiche. Ripetere i medesimi passi in effetti era noioso e, dopo aver perso la varietà dei balli antichi, complessi nell’esecuzione dei passi, che erano stati relegati all’ambito teatrale, eseguiti quindi solo da professionisti dell’intrattenimento, ci si accorse che mancava qualcosa. Erano sopravvissute poche, semplici coreografie, alla portata di tutti, che erano state codificate e rese fruibili in modo che chiunque in tutta Europa e anche nel Nuovo Mondo, potesse ballare i medesimi passi, indipendentemente dalla musica di accompagnamento. nessuna innovazione nel ballo quindi, solo, come abbiamo visto, nella musica. E che innovazione! Non c’è compositore famoso che non abbia creato musica da ballo di vario ritmo! Ma i veri influencer dell’epoca, i Maestri di Ballo, nell’aprire le loro scuole e nel pubblicare i loro libri si accorgono che è possibile creare nuove coreografie senza per questo mettere in difficoltà i danzatori e la loro memoria. Sarà il Maestro di Cerimonia ad assumersi anche il compito di “chiamare” una danza, ovvero dire ad alta voce quali passi devono essere fatti. In questo modo i danzatori dovevano memorizzare solo poche semplici figure che venivano poi combinate in infiniti modi. Vediamo alcune di queste figure.

Foto archivio soci – una mia acconciatura con fiori freschi
  • Grande chaine e Chaine anglaise – Queste catene sono una successione di mani offerte, ora la destra, ora la sinistra, ai compagni di ballo, creando un grande cerchio lungo il quale tutti si muovono percorrendo la circonferenza o, nel secondo caso, una figura a quattro danzatori che si muovono sui quattro vertici di un quadrato, per poi tornare al proprio posto.
  • Passo semplice di Polka-Mazurka – Si tratta di una combinazione di passo scivolato in avanti, e due saltelli per recuperare il piede.
  • Pas de basque – passo sui tre tempi con un saltello laterale e chiusura.
  • Pas de basque polonaise – dopo un primo passo jété in avanti, l’altro piede chiude disegnando un arco a terra e segue un saltello. Eseguito in maniera speculare col partner che ci affianca, crea una coreografia molto apprezzata.

E così via, per altre combinazioni. In questo modo a partire dai passi base della danza classica (Jété, Assemblé, Pirouette ecc.), potevano formarsi piccole sequenze (Pas de basque ecc.), che potevano essere messe in sequenza a creare delle figure (Pasteurelle, Tempesta) per riempire i tempi del ballo. Un maestro di cerimonia poteva addirittura chiamare una coreografia del tutto nuova, improvvisando, nominando la successione delle sequenze da eseguire. Le più gettonate venivano richieste così spesso, che vennero codificate e rese immortali. Grazie dunque ai libri dei maestri di danza, ancora oggi possiamo conoscere la vasta produzione di coreografie e studiarle proprio come facevano i giovani debuttanti due secoli fa!

Foto archivio soci – Evento Regency a Villa Arconati

Partecipare ai balli era molto oneroso sia per chi li organizzava (inviti, rinfresco, orchestra, intrattenimento, cena, fiori freschi e candele per addobbare la casa e bouquet da offrire alle dame), sia per chi vi partecipava, che doveva avere abiti nuovi e gioielli preziosi, oltre alla propria carrozza per spostarsi. Oggi non è così e noi danzatori moderni possiamo rilassarci e sfoggiare lo stesso abito più di una volta!

Facciamo qualche conto “moderno” sui costi per essere un danzatore storico e vedrete che non è così oneroso come il famoso osservatore superficiale riteneva all’inizio dell’articolo. Ogni riferimento non è affatto casuale. Io stessa ho sentito più volte l’osservazione “eh, ma sono tutti ricconi che hanno tempo da perdere” o, più educatamente “Eh ma chissà quanto costa venire a ballare con voi, io non me lo posso permettere”. Ebbene ci sono diverse associazioni culturali che studiano i medesimi repertori, ma quella cui sono iscritta io, è la Società di Danza di Fabio Mòllica, presente su tutto il territorio italiano con varie circoscrizioni in quasi tutte le grandi città. Il mio circolo in particolare è quello di Monza e Brianza, un’associazione ATS, no profit, che offre lezioni gratuite, ma per la partecipazione ai Balli richiede l’affiliazione alla società con un costo attorno ai 150 euro. Il costo di ciascun evento poi varia dai 15 ai 50 euro, a seconda della location e del buffet, che può anche essere una vera cena di gala. Vediamo insieme qualche altra cifra, per esempio il costo degli abiti.

Foto Sfumature Castanesi, evento di rievocazione storica

Per quanto riguarda gli abiti maschili, si indossa il Frac nero, camicia bianca e gilet, guanti bianchi: in rete si trovano abiti a costi attorno ai 100 euro (io ho comprato a quella cifra su Amazon la giacca del frac e pantalone, fatti tra l’altro su misura, più una trentina di euro per la camicia, altrettanti per il gilet e una decina di euro per i guanti, venti euro per la cravatta a papillon e il fazzoletto da taschino, pochi spicci per la spilla e l’orologio a cipolla con la catenella), chiaramente il costo del solo Frac sale al doppio o triplo se si va in uno store di abiti da cerimonia e anche di più per un abito sartoriale. Esistono però atelier dedicati al noleggio di abiti di ogni periodo storico (noi ci occupiamo di danze Regency e Risorgimentali), che offrono i loro abiti a circa 30-40 euro al giorno.

Se ne vogliamo progettare uno nostro, per quelli femminili il costo è variabile a seconda delle stoffe scelte (il pizzo costa anche 20 euro al metro), del lavoro di sartoria (le sarte non chiedono meno di 250 euro per un abito completo, di più se il modello ha molto lavoro di taglio e dettagli difficili da realizzare) e del costo degli orpelli che ornano le stoffe (perle, bottoni, passamanerie, ricami ecc.). Il primo abito l’ho comprato usato per 250 euro, i successivi li ho cuciti personalmente con mia madre, comprando tra i due e i trecento euro di materiali vari tra stoffe e passamanerie. In rete si trovano poi ornamenti e gioielli che paiono veri, ma costano poche decine di euro. Le scarpe da ballo costano tra le 30 e le 200 euro a seconda del modello e della personalizzazione, dato che alcune aziende fanno bilanciature dei tacchi e degli appoggi.

Foto archivio personale, Ballo in maschera a Palazzo Cusani

Come vedete, sono costi affrontabili a fronte dell’emozione che ci offrono. Il Gran Ballo di oggi non è l’evento sociale che abbiamo visto anche in Bridgerton, difficilmente ha l’orchestra che suona dal vivo e il ruolo del maestro di cerimonie è svolto dall’insegnante di danza del circolo che organizza l’evento, ma non perde il suo fascino e la sua magia. Spesso la nostra associazione, che ha nello statuto l’offerta per animazioni e attività di volontariato, viene invitata nelle grandi ville della Brianza, come in occasione di Ville Aperte, ogni autunno e coinvolge anche il pubblico presente, offrendosi come un complemento agli eventi nei grandi e sontuosi palazzi storici italiani. Mentre noi danziamo, il pubblico fa il giro delle sale con la guida, si ferma un po’ con noi, prova qualche danza e prosegue la visita, portandosi via una suggestione e un ricordo di un evento unico.

Ballare è sempre un piacere, è libertà e arte, armonia e gioia, ma quando stringo il corsetto o allaccio l’abito, circondata dalle compagne di danza, è come se per un istante, fossi nella casa dei Salina ne “Il Gattopardo” o accanto a Rossella O’Hara in “Via col vento”. Spariscono i cellulari, gli orologi moderni, vengono nascosti i tatuaggi e i capelli raccolti donano alle signore un’eleganza e un garbo troppo spesso accantonati nel mondo moderno. Posso ascoltare i pezzi immortali che hanno reso grande la musica del XIX secolo e di essere, per un giorno, una Dama o un Cavaliere. Ma soprattutto, danzare mi ammette nei luoghi storici più famosi o meno conosciuti, dentro le stanze chiuse al pubblico, anche in momenti di calma, quando non ci sono visitatori e posso aggirarmi in quegli ambienti con gli abiti dell’epoca, proprio come se avessi messo piede in una macchina del tempo.

Un’idea di come fosse un ballo storico si può trovare nel mio romanzo L’Abito della Signora, di cui è possibile leggere l’incipit a questo link. Sono al lavoro su un altro romanzo storico incentrato proprio sul ballo, stay tuned! Vi lascio con l’invito a venire a provare a ballare con noi e la promo alla Società di Danza che ho realizzato nel 2022.

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