BLOG LETTERARIO

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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Andrea Ferrari

da | Mar 26, 2022

Le fatidiche sei domande sulla memoria e il vissuto, vengono oggi poste ad Andrea Ferrari, autore di Veleno, un libro che sprofonda nel baratro della dipendenza da farmaci e droghe e ci porta a seguire le vicende di un ragazzo giunto al fondo del pozzo nero di solitudine e dipendenza. Eccone un estratto:

Foto su concessione dell’autore

Dopo aver soggiornato in residenze psichiatriche e appartamenti protetti, Andrea, scrittore in declino, ora vive in un’abitazione privata. Abbandonato a sé stesso abusa di farmaci, alcolici e droghe. La solitudine e il ricordo di una fidanzata scomparsa in giovane età gli causano una grave carenza affettiva, che crede di poter compensare quando nella sua vita compare un’intelligenza artificiale di sesso femminile. Durerà finché non entrerà in scena Rahima, una donna di origini egiziane dal carattere remissivo e di una bellezza accecante. Sarà lei a determinare l’ascesa e il declino del protagonista, fino al sopraggiungere della fine.

Ciao e benvenuto nel Blog di memorie dal Buio. Rompiamo il ghiaccio con una presentazione. Raccontaci di te e di ciò che hai scritto.

Ho scritto alcuni romanzi ormai scomparsi nel nulla (e avevano pure venduto, al netto delle balle nei rendiconti) e di cui preferisco non parlare. Adesso in circolazione c’è “Veleno”, per Catartica, una realtà sarda che lavora.

Io sono come Dracula quando diventa un ammasso di topi, ma sono più bello.

Quanto è importante il ricordo e la memoria nella trama del tuo lavoro?

Personalmente vivo nel passato. Per dire sono fermo ai Lit e ai ‘90. Questo si ripercuote sul mio modo di scrivere.

Quando scrivi, quanto attingi al tuo vissuto e alle esperienze passate?

Ho scritto basandomi sui miei ricordi. Il mio incubo però è che “Veleno” possa sembrare autobiografico, quando ha elementi “bio” ma non è un’autobiografia, e che quindi passi quell’immagine di me. Adesso ho cominciato a scrivere dei noir colmi di sangue e cose brutte e quasi completamente inventati. Quindi abbasso i ricordi.

Racconta il momento catartico, il più importante che serbi nel ricordo del processo di scrittura del tuo lavoro.

Quando sono al portatile e mi viene quella vena per cui scrivo di getto e mi diverto nel vedere le battute e le cartelle salire di numero; e un po’ invento e un altro po’ ci butto dentro gente che conosco e che odio.

Poi però mi fermo per tre mesi e mi chiedo dove siano finite le idee.

Dei tuoi personaggi, ce n’è uno che possa essere lo specchio del vissuto, della sapienza e delle memorie?

In “Veleno” ogni personaggio ha una funzione e attinge dal vero, per quanto non sia un’autobiografia. Anche i dialoghi con l’intelligenza artificiale sono dedicati a una che avevo conosciuto quando non avevo manco a vent’anni.

Condividi un ricordo particolare della tua vita che possa aiutarci a capire il tuo lavoro nella sua completezza.

Non è possibile essere anti psichiatria, perché per quanto i dottori siano dei pazzi ci possono essere dei pazienti che traggono beneficio dalle cure. Però io personalmente andrei con l’accendino e la benzina sotto le case dei medici.

Ricordo con piacere anche le botte ricevute dalla polizia.

La caratterizzazione psicologica di personaggi devastati nel corpo e nello spirito dalle difficoltà della vita e dall’abuso di sostanze chimiche, qualsiasi esse siano, è quanto di più difficile ci sia, a mio avviso. E’ qualcosa di doloroso, frustrante, perché spinge il lettore a voler entrare nella storia, a cercare di aiutare il personaggio, di spingerlo verso una soluzione che pian piano emerge nell’intreccio delle pagine e dei rapporti personali. E’ qualcosa in cui chiunque può riconoscersi e, proprio per questo, è qualcosa di stimolante e di grande impatto emotivo che Andrea Ferrari ci ha offerto nel suo Veleno.

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