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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Davide Stocovaz

da | Gen 12, 2022

Foto su concessione dell’autore

Ho ospitato Davide Stocovaz e il suo Addendum nello spazio dedicato alle recensioni. Oggi l’autore mi concede dieci domande sul suo mondo interiore.

Parlaci di te, raccontaci chi sei e un episodio della tua vita passata che vuoi condividere, che per te è stato un punto di svolta.

Mi chiamo Davide Stocovaz, classe 1985, nato e cresciuto a Trieste, in Friuli Venezia-Giulia. Sono uno scrittore e sceneggiatore. Un episodio della mia vita passata risale a quando ero ragazzino e mi imbattei in un serpente nel Parco del Farneto a Trieste. Stavo avanzando lungo un sentiero con alcuni miei amici e mio fratello, quando l’erba alla nostra destra si aprì e vedemmo una testa piatta strisciare via, fuggire da noi. Restammo tutti ammirati dalla rapidità del rettile. Solo dopo diversi anni, ricorsi a questo ricordo per stendere il romanzo “Ombra di Morte”, chiedendomi cosa mai potesse accadere in città se ci fosse un serpente non autoctono e mortale nel parco. Per me è un punto di svolta ogni volta che viene pubblicato un mio nuovo romanzo. Il mestiere dello scrivere ti insegna che, ogni volta, è un punto di partenza, mai di arrivo.

Parlaci del tuo lavoro, che generi scrivi, come preferisci pubblicare?

Considero il mestiere dello scrivere come un viaggio, è come partire per una nuova dimensione, e sondare, a volte, l’oscurità che risiede in me: le mie paure, le mie angosce, le mie inquietudini. Principalmente scrivo romanzi di genere horror, thriller e mystery. Ma non disdegno la stesura, a volte, di romanzi drammatici. Mi rivolgo sempre alle case editrici, quando sottopongo una mia opera. Non sopporto l’idea del self-publishing. Questo perché preferisco il giudizio di un editore, serio, non a pagamento, per capire se l’opera è meritevole di pubblicazione.

Quanto è importante per te la memoria, la storia, il ricordo e come traspaiono nel tuo lavoro?

Sono fondamentali. Le storie dell’orrore possono trarre spunto dalla memoria, dalla storia di un’intera nazione. A volte basta anche un ricordo di infanzia, come nel caso di “Ombra di Morte”, condito con un po’ di fantasia. Cerco sempre di partire da leggende esistenti per stendere le mie storie, che affondano le loro radici nella storia più lontana fino a quella più moderna.

Qual è la tua fonte di ispirazione?

Dipende molto dalla storia che vado a stendere. L’ispirazione, a volte, mi arriva come un fulmine a ciel sereno. Nella maggior parte dei casi, studio le leggende del mio territorio o di uno Stato in particolare, e poi lascio briglia sciolta alla fantasia per intessere i fili della trama e dei personaggi.

Quando e come scrivi? In che luogo, con che sottofondo, a che ora del giorno?

Dipende dal flusso dell’ispirazione. Ho scritto, e continuo a farlo, a ogni ora del giorno, senza avere un orario particolare o preferito. Come sottofondo preferisco il silenzio della mia stanza, anche perché di solito ho già la mente affollata dal correre della trama e dalle voci dei personaggi.

Parlaci di un libro che è stato importante per te in passato.

Ce ne sono molti. È molto difficile sceglierne uno in particolare. Posso però citare solo alcuni dei miei autori preferiti: Lovecraft, Allan Poe, Stephen King… ma ce ne sono molti altri e l’elenco sarebbe infinito.

Come scegli le copertine dei tuoi lavori?

Dipende. A volte, è la casa editrice stessa che si occupa della copertina. In altri casi, cerco di ottenere un’immagine che sia d’impatto; che possa, in qualche modo, riassumere la trama del romanzo in questione. È una ricerca che va fatta minuziosamente e con molta attenzione.

Perché scrivi?

Scrivere è una parte di me. Non potrei mai immaginarmi la mia vita senza scrittura. Fin da quando ero ragazzino, sognavo di poter scrivere e pubblicare delle storie dell’orrore. Una passione che ho coltivato in tutti questi anni, affiancandola a uno studio profondo, a una ricerca continua di stile narrativo, alla caccia continua di trame e personaggi adatti. Scrivo perché la scrittura è vita, è un flusso energico che ti permea mentre viaggi in nuove dimensioni e stendi su carta quelle che, spesso, sono le tue stesse paure: un modo sano per esorcizzarle.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Scrivere e scrivere. Sia romanzi che racconti dell’orrore. E riuscire, prima o poi, a pubblicare la mia prima silloge di poesie e un romanzo drammatico dal titolo “Istinti”, tratto dalla sceneggiatura che vinse il Primo Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador, dedicato a Matteo Caenazzo, nel 2010.

Hai consigli per i nuovi scrittori emergenti?

Non arrendersi, mai. E, soprattutto, mai pagare per vedere pubblicata una propria opera. L’editoria a pagamento è una piaga nel sistema che andrebbe debellata. Piuttosto, scrivere significa spesso riscrivere, perciò il consiglio è quello di farlo sempre, e dotarsi di tanta pazienza e determinazione. Affidarsi sempre a case editrici NO EAP, non a pagamento; sottoporre la propria opera a editori seri e affidabili, sperando possa venire pubblicata. Spesso è solo questione di storia, perciò se non funziona una, potrebbe andare bene la successiva. Misi tre anni a stendere la versione definitiva del mio primo romanzo “Zanne nelle Tenebre”, prima ch’esso vedesse la luce della pubblicazione presso l’Editrice GDS. Poi ogni storia è diversa, ha difficoltà nuove di volta in volta. Non sentitevi mai “arrivati”, ma continuate a scrivere e a sperimentare. Costanza, studio, determinazione, possono trasformare uno scrittore in un grande scrittore.

Un grande grazie a Davide per aver messo a nudo la sua anima!

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