BLOG LETTERARIO

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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Ivana Tomasetti

da | Mar 30, 2022

Foto su concessione dell’autore

Oggi abbiamo con noi Ivana Tomasetti, autrice del romanzo storico Il Monaco Nero di Wulmer, che ci farà seguire le vicende di un monaco e della sua vendetta. Per lei ci sono le famose sei domande per penetrare nella memoria e nel ricordo. Intanto leggiamo un estratto.

Può un personaggio realmente esistito entrare nella leggenda? Può parlarci da un mondo lontano secoli, dove abbondano studi esoterici, intrighi, battaglie e dove presenze inquietanti entrano nella vita degli uomini? Le vicende di Eustachio, chiamato dalla Storia il Monaco Nero, sono la risposta coraggiosa ai soprusi che egli fu costretto a subire e a cui il suo carattere indomito non si assoggettò mai. Eustachio nacque a Boulogne nel 1170 da una nobile famiglia e trascorse l’infanzia nel castello di Courset. Nel monastero di Saint Wulmer imparò a copiare testi sacri e lesse di nascosto libri proibiti, diventando un monaco esorcista, che suscitò ammirazione, ma anche sospetto. L’abate lo inviò a Toledo; l’assassinio a tradimento del padre lo spingerà a tornare per attuare la sua vendetta. Si trasformerà in un pirata e assalterà navi nel canale della Manica. Finché un giorno…

Ciao e benvenuto nel Blog di memorie dal Buio. Rompiamo il ghiaccio con una presentazione. Raccontaci di te e di ciò che hai scritto.

Grazie di avermi pescata dal nulla. A proposito di ghiaccio, quando ero giovane i pattini con le lame furono il mio primo acquisto e le mie prime amicizie partirono da lì. Arrivare agli sci è stata una conquista difficile quasi come quella della scrittura. Tenevo diari che non sa che fine abbiano fatto, divoravo libri che mi davano in prestito o che mi regalavano, quei vecchi libri cartonati che dovevi mettere su un tavolo perché sulle ginocchia non ci stavano e che una vecchia zia si ostinava a rendere personali vergando sulla prima pagina una dedica del tipo “Che la lettura ti sia sempre compagna” oppure “Impegnati nel dovere”. Mi piacevano le storie di redenzione, la vendetta dei buoni era quella che mi appassionava. Il dovere l’ho svolto, ora mi dedico al piacere e mi sono messa a scrivere! Le storie che mi appassionano sono quelle che attingo dal reale, per far emergere personaggi che superano l’immaginazione.

Quanto è importante il ricordo e la memoria nella trama del tuo lavoro?

Durante il lavoro tengo degli appunti che mi permettono di non dimenticare gli intrecci tra i personaggi e le loro emozioni, a ogni nome corrispondono dei tratti fisici e altre caratteristiche che reputo essenziali. Anche la successione temporale dei mesi o degli anni, ha importanza per mantenere il filo logico e integrare eventuali buchi storici.

Quando scrivi, quanto attingi al tuo vissuto e alle esperienze passate?

Il mio vissuto entra nelle sensazioni e nei sentimenti che vivo insieme ai miei personaggi, immagino quello che pensano perché io penserei allo stesso modo, o perché ho già vissuto le esperienze che vivono. Mi rendo anche conto che l’apertura mentale non si avvantaggia di questo e perciò leggo di tutto, per cercare altri punti di vista che siano diversi al mio. Cosa penserebbe un ladro o un assassino? Devo fare uno sforzo per mettermi nelle loro teste. Non credo però che una donna non possa mettersi nei panni di un uomo, cosa che hanno “rimproverato” a Marguerite Yourcenar quando ha scritto Memorie di Adriano.

Racconta il momento catartico, il più importante che serbi nel ricordo del processo di scrittura del tuo lavoro.

Momento catartico può essere definito il termine di un lavoro. Quando ho terminato Identità alla sbarra, ho sentito di aver completato un’opera che era il raggiungimento dei miei sogni, l’avrei tenuto nel cassetto, non mi sarebbe importato altro; nel mio piccolo avevo raggiunto una completezza, una pacificazione con me stessa. Ce l’avevo fatta, un romanzo di 600 pagine… e una storia fuori del comune. Naturalmente la mandai a vari editori. Uno rispose e il libro fu editato, tolte duecento pagine. Mi sembrava incredibile che qualcuno lo volesse leggere. Adesso qualcuno mi chiede quando uscirà il prossimo.

Dei tuoi personaggi, ce n’è uno che possa essere lo specchio del vissuto, della sapienza e delle memorie?

Vorrei rispondere con l’immagine di mia nonna nel campo di Braunau, quella di cui parlo in Welschtiroler, ma in fondo una parte di me è in tutte le donne che ho descritto, con i loro pregi e i loro difetti, con le paure e le ribellioni sopite, che ti tanto in tanto esplodono. Mi piacciono anche i personaggi maschili. Il maestro in Identità alla sbarra rappresenta una figura emblematica: a mio parere noi siamo costituiti da una parte femminile e da una maschile insieme, il dolce e l’amaro, la rabbia e l’amore, in una contraddizione che è difficile comporre e che fa parte della vita; il compito di uno scrittore, secondo me è mettere il dito nella piaga.

Condividi un ricordo particolare della tua vita che possa aiutarci a capire il tuo lavoro nella sua completezza.

Credo che la scrittura nasca dal bisogno insopprimibile di trovare un equilibrio tra ciò che è stato e ciò che invece avrebbe potuto essere. Le storie intriganti e che ci appagano o ci sorprendono nel finale costituiscono la risposta al desiderio di apprendere che un lettore porta con sé, un’ansia di vivere intensamente attraverso l’immedesimazione dentro le storie degli altri. Un episodio che potrei citare è la lettura del libro La papessa Giovanna di Donna Cross: da lì è iniziata la mia ricerca su Teresinha Gomez, una donna che visse per 18 anni nei panni di un uomo. Per l’ultimo romanzo, invece, mi sono imbattuta in un personaggio medievale, ho corso con lui nei meandri di un monastero e infine ho avuto il mal di mare navigando sulla sua nave. Dal mio piccolo studiolo, vivo avventure senza fine davanti al mio computer!

Intervistando Ivana mi sono rivista in molte sue affermazioni, riguardo la storia, la necessità di ricercare dati, nozioni, cronache e cronologie per dare veridicità e un solido impianto alla narrativa. L’autrice ci parla anche di altri suoi lavori storici e ci suggerisce alcuni titoli che mi sento di consigliare a mia volta. Quello che comunque ci rimane, alla fine di questa intervista, è la sensazione che già ci ha lasciato il grande maestro Umbero Eco, che mi permetto di citare:

«Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.»

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