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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Estratti inediti – Memorie dal Buio, Ucronia

da | Gen 20, 2022

Foto dal Web

«Sono in ritardo», fece notare la donna con stizza, sollevando il bavero del cappotto fino a sprofondare con le orecchie nella sciarpa di lana. Le sue parole danzavano visibili nell’aria in candide volute che la pioggia trafiggeva impietosa, mentre piangeva dal cielo nero e pesante di inquinamento di San Francisco.

Alle sei del pomeriggio era già completamente buio e le luci natalizie della città brillavano intermittenti in lontananza, mescendosi alle luci di segnalazione della piazzola di atterraggio degli elicotteri, in quel piccolo campo di volo vicino a Sutro Baths.

L’uomo si voltò verso di lei: «E’ nervosa Detective?»

«Diciamo piuttosto infreddolita, stanca e delusa, Capitano», rispose occhieggiando verso il suo interlocutore, cercando di mentire meglio di quanto la voce tradisse. Non era stizza quella che la faceva stringere nelle proprie braccia, era timore, ansia, desiderio di fuggire, di sottrarsi a quegli istanti di vibrante attesa.

«E’ una grande opportunità per la sua carriera invece», disse l’uomo, nascondendo un ghigno sadico mentre voltava il capo a guardare un punto imprecisato all’orizzonte, verso l’oceano, superando il cerchio serrato delle forze armate, dispiegate in gran numero a circondare la zona in tenuta da battaglia, coi giubbetti di kevlar da assalto, elmetti tattici e i mitragliatori in resta.

«Diciamo invece che mi sta punendo per la mia testimonianza contro il Detective Truman», lo sguardo che la donna riservò al profilo del suo Capitano era tagliente e intriso di odio.

A nulla valeva il cipiglio severo e marziale del Capitano, il rinomato combattente ed eroe di guerra, la cui statura e prestanza fisica, nonostante i cinquant’anni sofferti e vissuti, instillava ancora rispetto e riverenza.

Anche per confronto con l’esile Detective, con la massa incolta di capelli castani e ricci, costretti in una castigata crocchia alla base della nuca, con gli occhi verdi e piccoli, indagatori e vigili, non c’era dettaglio in lui che potesse intimidirla o ridurla al silenzio, non quando sapeva di avere ragione.

«Non sono io a punirla Detective, è stata lei a essersi scavata la fossa con le sue mani. Truman era benvoluto da tutti, uno stato di servizio impeccabile. Era a pochi mesi dalla pensione, alla fine di quest’anno si sarebbe ritirato e il dipartimento avrebbe archiviato la pratica. Lei gli ha rovinato la pensione e il resto della vita.»

La donna strinse i denti fino a farli stridere e le dita nei guanti di pelle imbottiti sbiancarono quando serrò i pugni: «Abbiamo già affrontato l’argomento, Capitano Hollis. Il fatto che Truman fosse vicino alla pensione non cancella il fatto che abbia sottratto una cospicua percentuale della partita di marijuana del caso Castillo.»

«Lo ha fatto per uso personale, per la moglie che, come ben sa…»

«Morbo di Parkinson, lo so benissimo. Come so che è ormai impossibile trovare farmaci con THC legale. Ciò non toglie che sia un reato.»

La pioggia gelida divenne velocemente nevischio umido, poi veri fiocchi di neve e la città di colpo tacque, rallentando il respiro in quell’istante di attonito stupore dinanzi alla prima nevicata dell’anno.

Perfino un soldato tese il palmo aperto ad accogliere gli effimeri fiocchi.

Era così giovane che le sue dita non avevano ancora conosciuto i calli della sofferenza e del duro lavoro e la pelle piena e morbida rabbrividiva all’improvviso gelo secco, avvezza a null’altro se non calde stanze e coperte di piume.

«A volte, Detective, bisogna solo imparare l’utilità dei compromessi», disse l’uomo aprendo un braccio a indicare lo stuolo di militari che li supportavano. «Vede? Il compromesso tra l’esercito e la polizia metropolitana è qui, davanti a lei. Una unità di cinquanta soldati prestati dai Marines, tutti ai miei ordini. Certo sono reclute con la bocca ancora sporca di latte, ma…»

«Non siamo più in guerra, Capitano», interruppe lei, «quando tutto era permesso e si chiudevano entrambi gli occhi dinanzi ad abusi di ogni genere. Stiamo ricostruendo una democrazia e, nel nuovo mondo, non c’è posto per i compromessi.»

«Si dovrà ricredere, Detective, o si spezzerà combattendo una battaglia che non può vincere. Ma guardi a Ovest, i nostri ospiti stanno arrivando», concluse lui, fissando le luci dell’elicottero nero che si avvicinava a grande velocità, lottando contro le raffiche di vento e nubi troppo basse per lasciare respiro.

La Detective percepì una morsa allo stomaco, la scarica di adrenalina e il tremore che si diffuse in tutto il corpo. Aveva paura, naturalmente, ma non l’avrebbe mai confessato al Capitano Hollis, avrebbe tenuto duro e si sarebbe occupata di quel caso.

E l’avrebbe risolto senza compromessi.

L’elicottero danzò un po’ nell’aria contrastando il vento, poi atterrò precisamente nel centro della piazzola, senza spegnere i motori.

Il portellone si aprì e ne discese una figura snella, alta circa un metro e ottanta, con un capiente zaino su una spalla.

Era vestito soltanto con una camicia senza bottoni, ma con le falde dello scollo a V prive di chiusura, dei pantaloni a taglio sigaretta, cilindrici e con la caviglia larga, decisamente comodi, e scarponcini tipo anfibio.

Era un abbigliamento estivo, fatto di lino color sabbia con le cuciture e bordi neri per la camicia e interamente nero per i pantaloni.

Morbidi ricci neri giungevano fino alle spalle, raccogliendo la neve che li faceva brillare nei riflessi delle luci della piazzola.

Il rumore dei caricatori mise la Detective in allarme quando i colpi scattarono in canna e i mirini laser puntarono tutti al petto e al capo dell’ospite.

L’uomo si aggiustò lo zaino sulla spalla e richiuse il portellone senza tradire alcun timore, ma riservando solo uno sguardo diretto allo spiegamento di forze tutto attorno, poi al proprio torace, ricamato di laser rossi.

Quando il Capitano alzò un braccio in saluto, la figura avanzò verso di lui, mostrando i tratti moreschi della carnagione e il volto giovane, da ventenne, piacevole nella sua simmetria.

La fronte squadrata era incorniciata dai lunghi ricci che accarezzavano l’arcata delle fini sopracciglia e gli zigomi alti e sottili.

Le guance si prolungavano, piene e armoniche, verso labbra perfettamente delineate e un mento proporzionato privo di qualsiasi segno di barba.

L’incarnato color del bronzo era parte di quelle caratteristiche, dai capelli agli occhi scuri, che identificavano la figura come di etnia medio orientale.

Gli occhi assorti conferivano a tutto il volto un’algida assenza di espressioni, quasi avessero davanti la perfezione di una statua greca, proiettata nell’infinito, a discapito dell’istante.

«Cristo, ma è un ragazzino!» Sibilò a bassa voce la Detective: «Ci mandano un ragazzino!»

Hollis guardò verso il militare alla sua destra, che fissava ammutolito il ragazzo con abiti estivi dentro il visore termico montato su un trespolo. A bocca socchiusa e a occhi sbarrati, il giovane militare era rimasto impietrito davanti allo schermo, mentre le nuvole di fumo uscivano dalle sue labbra con troppa veemenza per poter nascondere quello che appariva come il respiro del terrore puro.

«Sergente?» Hollis lo richiamò più volte, finché quello si riebbe e deglutì a secco.

«C-confermo Capitano Hollis. Temperatura ambiente, niente battito.»

La Detective arretrò di un passo, senza poter fermare il tremolio del mento e il Capitano le sorrise bieco: «Etienne Corday ha mantenuto la parola, ci ha mandato uno dei suoi non morti. Ne avevate mai visto uno dal vivo?»

«N-non così da vicino, Capitano.»

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