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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Estratti editi – Memorie dal Buio, Amanuet

da | Gen 22, 2022

Foto copertina Kindle

17 gennaio 1941, Berlino

Fuori della stanza, tutto taceva.

Karl Zimmermann aveva il volto tondo, con le guance normalmente rubizze, che apparivano sbiancate come un uovo sodo e fissava Johann Von Ravenstein coi suoi occhi bovini, mentre il gerarca non scollava l’attenzione dalla porta chiusa, oltre la quale giungevano voci arrabbiate in tedesco e in italiano.

Il grigio dei primi capelli anziani di Zimmermann si mesceva bene col taglio militare dei folti ciuffi biondi e i grandi occhi grigio azzurri sarebbero stati anche belli, se non fossero stati così sporgenti, esageratamente grandi e rotondi, tanto da farlo assomigliare a una salamandra.

A completare il quadro, sotto il bavero stretto della divisa, traballava una giogaia di grasso morbido che creava un voluminoso doppio mento.

Non era una divisa militare, ma ne aveva il taglio e faceva spiccare sull’avambraccio il simbolo ricamato in nero e oro della Deutsches Ahnenerbe, con l’ovale circondata dalla scritta e, al centro, la spada avvolta dal nastro a tre cuciture.

Il generale luogotenente Von Ravenstein, dal canto suo, vantava una perfetta forma fisica, proprio ciò che ci si aspetta da un militare che sia avvezzo a stare in prima linea, invece che ingrassarsi di forniture al quartier generale. Il volto squadrato, reso severo da un naso dritto importante, era ingentilito dal blu intenso degli occhi. Laddove la calvizie andava colpendo gravemente la capigliatura nera, le labbra sottili compensavano a dare avvenenza ai lineamenti.

Indossava una divisa coi gradi militari, ma quando infilò la mano in tasca, estrasse una fascia di tessuto con un identico simbolo della Ahnenerbe, che infilò all’avambraccio.

Zimmermann lo notò e, dopo aver a lungo rimuginato le parole in bocca, si fece coraggio e rivolse la domanda al superiore sussurrando: «Perdonatemi, signore, a che ora siete stato convocato?»

«Alle undici», rispose il generale, a un normale tono di voce, senza perdere di vista la porta della stanza.

A entrambi era chiaro l’argomento delle invettive in tedesco, anche se non riuscivano a cogliere le sfumature di quelle in italiano, ma entrambe si argomentavano probabilmente sulla stessa cosa, gli errori nella guerra e chi ne fosse responsabile.

«Anche io», aggiunse preoccupato Karl. «Ma come…»

Non fece in tempo a chiedere altro al Generale, perché la porta si aprì e Hitler uscì di gran carriera, seguito da Himmler e altri uomini, tra cui l’interprete e un uomo dall’abito elegante, impeccabile.

I due in attesa batterono i tacchi all’unisono, alzando la mano dritta in avanti: «Heil Hitler!»

Il dittatore rispose senza guardarli, alzando l’avambraccio con poca attenzione.

L’uomo elegante parlò in italiano senza fermarsi, seguendo Adolf e l’interprete, che sudava freddo, annuì e tradusse: «Mein Führer, il Duce Mussolini vi manda a ricordare che gli accordi presi erano per l’entrata in guerra tra altri due anni, vi accusa di aver iniziato le offensive troppo presto, quando non erano del tutto pronti.»

«Eravamo pronti noi e infatti ora manderò una piccola divisione a dargli supporto in Africa, ma di più non posso fare per non impoverire il mio obiettivo principale, l’Europa», e proseguì a camminare verso un terrazzino che lo ospitò a sbollire la rabbia, nonostante il freddo pungente.

Himmler fece un cenno di intesa a Von Ravenstein e con la mano gli disse di attendere, poi seguì la carovana che migrava all’esterno.

Quando furono tutti all’aperto, un cameriere chiuse la porta e la voce del dittatore divenne meno percettibile tanto che entrambi, Von Ravenstein e Zimmermann, si avvicinarono di più al battente chiuso. «Siete voi che volete crearvi un impero in Africa, non capendo che siete arrivati tardi di due secoli. E che, stando ai rapporti del generale Wilhelm Von Thoma, avete perso lo slancio spirituale necessario a questa guerra.»

«Lo slancio lo possiamo recuperare», aveva ribattuto il diplomatico, «ma gli uomini vedono la superiorità inglese come armamento e logistica e disperano di salvare le posizioni. La disfatta di Sidi el Barrani è stata una tragedia annunciata.»

Himmler intervenne e il rumore di fogli di carta riempì il silenzio prima delle parole del gerarca: «Mein Führer, ho qui un prospetto riassuntivo per la spedizione che ho chiamato Sonnenblume. Si tratta di inviare una unità di sbarramento, una Sperrverband leggera con carri armati e una divisione corazzata. Li chiameremmo Deutsches Afrikakorps.»

«E chi li comanderà?» Chiese Hitler.

«Erwin Rommel.»

Adolf annuì, soddisfatto e usò quel nome illustre per congedare l’ambasciatore di Mussolini con la promessa di un qualche aiuto in breve tempo e, al suo posto, vennero fatti entrare i due sottoposti di Himmler, che fecero di nuovo il saluto al dittatore e restarono in attesa.

Hitler restava di spalle, a fissare la città oltre la balaustra di marmo; dunque, Himmler prese un sospiro e iniziò: «Sembra proprio che il Führer debba mandare un contingente in aiuto di quegli inetti. Noi sfrutteremo la cosa e ne approfitteremo per fare una ricerca molto importante. Johann Von Ravenstein, dal punto di vista militare siete il vice di Rommel, ma in questa vertenza avete carta bianca e sarete a capo della missione. Vi affiancherà il vostro parigrado, il Generalleutnant Walter Neumann-Silkov che è già sul posto. Lui è il dottor Karl Zimmermann, viene dalla divisione Biologia della Ahnenerbe, ma è anche medico e ha una formazione base di archeologia», poi si rivolse al dottore. «Inutile presentare il vostro superiore, il suo glorioso passato e le medaglie al valore valgono più di qualsiasi parola. Sarete sotto il suo comando. Il generale Rommel vi aprirà la strada come un coltello caldo nel burro fino all’Egitto, indipendentemente da dove siano stanziati gli italiani. La vostra missione sarà introdurvi della Grande Piramide nella piana di Giza. Abbiamo motivo di credere che i Libri Segreti di Toth, contenenti indicazioni di rituali magici e antiche tecnologie di origine atlantidea, si trovino nascosti in una camera segreta», disse puntando il dito su un disegno schematico delle camere già rinvenute dentro la Grande Piramide. «In questa cartella troverete tutte le informazioni.»

Gettò il raccoglitore di pelle scura sulla scrivania e tornò a guardare Hitler, immobile di spalle, poi i suoi ospiti: «Se tutto va come deve, troverete l’arma che ci farà vincere la guerra.»

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