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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

L’Armageddon

da | Dic 17, 2023

Foto dal Web

Ogni popolo ha una sua visione della fine del mondo, ma se per alcuni si tratta solo di un passaggio, un positivo e atteso rinnovamento, per altri si tratta di una vera e propria catastrofe planetaria che porterà all’estinzione del genere umano. Dell’Armageddon e dell’Apocalisse mi sono occupata tra le pagine di Memorie dal Buio – Meretrix, dando una nuova definizione al concetto di “fine del mondo”, basata su ciò che le varie culture hanno scritto, ipotizzato e profetizzato. Proprio il ruolo dei profeti è cruciale nelle apocalissi bibliche, ovvero nelle “rivelazioni” sul destino dell’uomo e del mondo, fatte da dio ai prescelti tramite sogno o visione. Apocalisse è intatti una parola greca che significa “togliere il velo”, e quindi, rivelare. E l’Armageddon cos’è?

Per scoprirlo diamo la parola a Draco e Zel, in una delle scene rivelatrici del romanzo, in cui raccontano a Sarah cosa è stato scritto nei testi sacri fino a quel momento e cosa aspetterà tutti loro. Draco inizia: «[…] questi testi [Apocalittici n.d.a] parlano di un rinnovamento del mondo che passerebbe da una distruzione non solo della terra in cui viviamo, ma anche di tutto il cosmo. Una devastazione che possa riportare il mondo agli albori, verso la collaborazione, pietà, umanità, frugalità, essenzialità che valorizzi tutto il buono che c’è nelle persone. Le persone sopravvissute al giudizio divino, ovviamente. Tale giudizio arriverebbe, secondo i cristiani, in un luogo chiamato Armageddon, in ebraico Har Megiddo, ovvero la montagna della città di Megiddo.»

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Quindi Armageddon è un luogo! L’antica Megiddo fu una città fortificata in un luogo strategico di passaggio per eserciti e commerci e fu teatro di molte battaglie in passato. Oggi, questa collina fatta solo di rovine dell’antica città, è così misteriosa e, in qualche modo temuta, da far diventare l’espressione “Armageddon” simbolo e sinonimo di “fine del mondo”. Armageddon è menzionata una sola volta nel Nuovo Testamento greco (Apocalisse 16, 16) e deve il suo nome, Megiddon che significa “un luogo di folla”, alla fortificazione fatta dal re Ahab (869-850 a.C.) che dominava la Piana di Jezreel, e che, per la sua conformazione geologica, era adatta a radunare (e controllare) una moltitudine di uomini.

Ma torniamo alla lettura del romanzo: «Zel sospirò frugando tra i libri dietro il bancone: «In vero non c’è una sola apocalisse. I cristiani conoscono quella di Giovanni, contenuta nelle sacre scritture, ma in vero ogni popolo ha una sua Apocalisse, che coincide con la venuta degli dei, degli angeli, di qualcosa di soprannaturale che spinga e costringa un cambiamento definitivo», e mise sul tavolo alcuni testi, indicandoli uno per uno. «Apocalisse di Giovanni, di Mosè, di Enoch, Apocalisse Greca di Baruch e Apocalisse Siriana.» […] «Sul Monte Hermon tutto iniziò, sul Monte di Megiddo tutto finirà», disse Zel.

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Cosa intende dire? Ebbene nelle pagine del Libro di Enoch, un testo che le religioni ufficiali considerano apocrifo, si narra di un dissenso interno tra gli angeli circa la possibilità o meno di portare la conoscenza agli umani. Questo problema avrebbe generato uno scisma tra le schiere celestiali: gli angeli per la maggior parte ritenevano che l’umanità non fosse pronta alla conoscenza superiore, ma alcuni di loro, detti da quel momento “ribelli”, sostenevano invece che gli uomini fossero pronti e che, se fossero stati aiutati a progredire, avrebbero dato il meglio di sé.

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I duecento angeli ribelli, guidati dall’arcangelo Semeyaza (o Samael, foto sopra) avrebbero quindi scelto di scendere sulla terra, mettendo i piedi sul monte Harmon, per portare ciascuno un dono agli uomini: chi l’astronomia, chi l’artigianato, chi l’architettura o la medicina. Alcuni di loro poi, giacquero con le donne umane, generando i Nephilim, o Veglianti, dei giganti semidivini che furono la causa del primo intervento armato degli angeli.

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Se davanti alla diffusione della conoscenza gli angeli erano rimasti a guardare l’evolversi dei fatti, davanti alle creature semidivine non rimasero inattivi e ordinarono ai ribelli di ucciderle e di sterminare le madri. Loro ovviamente non volevano uccidere né i figli, né le loro compagne e fu la guerra. In uno degli episodi di questa guerra, l’Arcangelo Michele avrebbe sciabolato il famoso colpo di spada fiammeggiante che avrebbe aperto una fessura nella terra in cui precipitare i Ribelli. Lungo quella fessura, perfettamente rettilinea, nell’anno mille sono sorte otto basiliche, tra la Terra Santa e l’Irlanda. E’ la cosiddetta Linea del Drago, di cui parlerò nel romanzo di prossima uscita: Memorie dal Buio – Mille.

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Quindi per i popoli che hanno la Bibbia come testo sacro, l’Apocalisse inizierà come una rivelazione del divino agli umani, una nuova guerra di angeli e la venuta dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse: Fame, Guerra, Carestia e Pestilenza. Il resto lo sappiamo già: fuoco e fiamme, giudizio divino e morte di ogni forma di vita. Ma le altre culture cosa pensano in merito? Torniamo alle pagine del Romanzo e diamo la parola a Draco.

Draco aprì alcuni testi talmente antichi che le fragili pagine avevano già l’odore della dissoluzione, ma lasciavano ancora vedere pregiate miniature e righe scritte in lingue e alfabeti sconosciuti al soldato: «Abbiamo testi analoghi in ogni cultura. Ecco il mahāpralaya come descritto dai loro saggi, ovvero un mare di metallo fuso dal quale i giusti emergeranno indenni e poi l’ekpýrosis dei filosofi presocratici e stoici, la concussio mundi di Seneca, il ragnarøkkr dei popoli del nord», poi indicò una serie di semplici fogli tenuti insieme da un cordino. «E queste sono trascrizioni di tradizioni ascoltate dai popoli delle Indie Occidentali dai primi missionari al seguito di Colombo. Questo invece si chiama ollin ed è un testo profetico che, come recitano tanti altri in ogni parte del mondo, annuncia il sommovimento ciclico del tempo e il capovolgimento dello spazio. Tutta la vita come la conosciamo morirebbe e rinascerebbe con altre forme, altri protagonisti. Si aprirebbero passaggi tra i mondi e tra i piani, materia e creature si sposterebbero in questa momentanea congiunzione e tutto ciò che venisse disfatto, troverebbe un nuovo equilibrio. In queste apocalissi, la vita muore, ma la terra rigenera.»

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Leggendo questi testi, non si può non soffermarsi a pensare che tutti questi concetti si armonizzano al sentire nordico, alle filosofie vichinghe secondo cui il tempo è circolare e, così come il passato condiziona il futuro, il futuro condiziona il passato. Noi viviamo in una filosofia che considera il tempo lineare, ovvero una retta che ha una sua origine e avrà una sua fine, che per alcuni è l’Apocalisse. L’unica circolarità, l’unico ritorno, riguarda le stagioni annuali, il cerchio del clima che torna sempre identico ogni anno. Cosa significa dunque un tempo “circolare”?

L’Apocalisse è un fatto previsto, profetizzato, fa parte del futuro, ma è certo che accadrà per molte religioni e quindi noi saremmo influenzati dal futuro perché tutto si muove verso quel fine, quel Nodo del Destino, indipendentemente da quello che facciamo col nostro libero arbitrio. Questa è dunque la chiave di lettura. Il libero arbitrio degli umani è solo un miraggio limitato alle scelte del singolo nel suo agire quotidiano, poiché qualsiasi decisione prendiamo, sia da cittadini comuni che da “dittatori del mondo”, non può portare ad altro che alla fine già prevista. E siccome già sappiamo che sarà l’Apocalisse, il nostro presente è influenzato da un futuro non ancora accaduto. Un futuro in cui Angeli, dèi e ogni forma di vita sconosciuta e diversa dagli umani verrà mostrata e ogni reticenza agnostica spazzata via, ogni tessuto sociale messo in discussione e così ogni spiritualità e credenza. Insomma, finalmente scopriremo chi ha ragione!

Spero solo di avere qualcosa di decente da indossare per l’occasione!

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