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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Lucrezia Borgia

da | Apr 9, 2022

Foto dal Web

Quando si sente nominare Lucrezia Borgia la fantasia corre al ritratto che la storia, scritta dai detrattori suoi e dei Borgia in generale, ne fa, presentandocela come una messalina assassina, che non esitava a giacere col padre e il fratello.

Fu veramente così?

Mi sono occupata di lei scrivendo il romanzo di prossima pubblicazione Memorie dal Buio – Meretrix, di cui potete leggere un estratto qui. Devo dire che una lettura priva di pregiudizi dei documenti che ho trovato, ci restituisce un quadro decisamente diverso.

La rivalutazione dell’avvelenatrice e fornicatrice incestuosa inizia nel 1939 con il bellissimo romanzo “Lucrezia Borgia”, di Maria Bellonci e passa per la decrittazione delle sue lettere, soprattutto del periodo estense, che ci restituiscono una duchessa capace e pronta, intelligente e sensibile, che riesce a gestire il ducato in assenza del marito Alfonso d’Este, esattamente come aveva retto il Vaticano in alcune occasioni di assenza di suo padre, il discusso pontefice Alessandro VI, che pretendeva che fosse lei a sedersi sul Trono di Pietro.

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Lucretia del Borja nasce nel castello di Subiaco il 14 aprile del 1480 da Vannozza de’ Cattanei, amante ufficiale dell’allora Cardinale Rodrigo Borgia, cui aveva già dato altri due figli, Cesare e Juan, e che gli darà ancora Joffré. Quattro erano infatti i figli prediletti di Rodrigo, poiché i primi tre, avuti da amanti sconosciute alla storia, avevano destini complessi. Girolama Borgia è morta in un incendio, causato forse proprio da Isabella Borgia, che cercava di nasconderla in una stalla per evitare di vederla maritata con un uomo orribile. Non si sa come andò, solo che Rodrigo di mise più di vent’anni a perdonarla.

L’unico dei primi figli che gli rimase accanto, fino alla prematura morte in battaglia, è Pedro Luis, incaricato anche dell’educazione militare dei fratellini Cesare e Juan.

Lucrezia viene presto tolta dalle mani di Vannozza che, sebbene sposata a forza con un paio di mariti, giusto per mantenere la facciata rispettabile, era pur sempre una Meretrix Honesta, una cortigiana, e viene affidata a una cugina del papa, Adriana Mila.

A dodici anni viene promessa in un primo accordo matrimoniale, ma è il 1492, Papa Innocenzo VIII muore e il suo successore è proprio Rodrigo Borgia, che prende il nome di Alessandro VI. Il fidanzamento è rotto e Lucrezia viene maritata con Giovanni Sforza, signore di Urbino e Pesaro, per cercare un’alleanza con gli Sforza di Milano per la difesa del papato in previsione dell’attacco dei francesi di Carlo VIII, che voleva mettere la penisola a ferro e fuoco e ottenere dei riconoscimenti di sovranità dal Regno di Napoli.

Intanto, anche Cesare, divenuto Cardinale per volere del padre e Juan, nominato capo dell’esercito pontificio, entrano nei giochi e se Juan fa solo parlar male di sé, codardo e incapace in battaglia, Cesare dimostra un grande acume politico e la spietatezza tipica del padre.

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Il matrimonio di Lucrezia non è più utile ai Borgia e quello di Joffré con la disinibita Sancha d’Aragona non è abbastanza. Alessandro VI allora maneggia per far divorziare Lucrezia da Giovanni Sforza, accusandolo di impotenza e di non aver mai consumato il matrimonio. Il giorno di dicembre in cui Lucrezia pronuncia il suo intenso e accorato appello alla Curia per far loro votare per l’annullamento del matrimonio, è in verità incinta sette mesi, ma le matrone romane l’avevano appena dichiarata “Virgo intacta”.

Ma di chi è quel figlio che poi sarà chiamato Infante Romano e attribuito ora a Rodrigo, ora a Cesare?

La storia non lo dice con certezza, io faccio un’ipotesi nel mio libro, ma quello che si sa, è che a questo figlio, chiamato Giovanni in onore del fratello Juan, morto in circostanze misteriose proprio l’anno prima e a Rodrigo di Bisceglie, figlio del suo secondo matrimonio con principe Alfonso di Bisceglie, lei lascerà molte proprietà e cercherà sempre di tenerlo vicino, anche a Ferrara.

In quegli anni oscuri, si dice che Cesare abbia fatto uccidere Juan per prenderne il posto come capo dell’esercito, essendo sempre stato più portato per le armi che per la porpora cardinalizia e che abbia scelto il secondo marito alla sorella per una nuova alleanza filo napoletana.

Ma la politica stava di nuovo cambiando e c’era necessità che Lucrezia si legasse agli Este. Lo sgherro di Cesare, Michelotto, si occupa allora di ferire a morte Alfonso e, quando le cure amorevoli di Lucrezia e Sancha lo avviano alla guarigione inaspettata, si occupa anche del colpo di grazia.

Lucrezia non perdonerà mai il fratello ed è ben grata del matrimonio con Alfonso d’Este, che le permette di scappare da Roma e dall’influenza nefasta dei maschi Borgia.

A Ferrara, nonostante le opposizioni del vecchio Duca Ercole d’Este, gli sposi si ambientano e iniziano una convivenza fatta di aspetto e rispetto, se non proprio d’amore.

Rodrigo muore l’anno dopo, nel 1503 e inizia la resa dei conti per Cesare, che fugge, corroso dalla sifilide, finendo imprigionato, per poi evadere di nuovo e finire la sua vita in una battaglia a Viana solo quattro anni dopo.

Lucrezia intanto soffre di molti aborti (ben sei) e un totale di nove parti andati a buon fine ed è dopo l’ultimo, in cui diede alla luce la piccola Isabella, vissuta purtroppo solo due anni, che si ammala e, dopo alcuni giorni di agonia, muore a soli 39 anni.

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La sua è stata una vita di dolorose separazioni: dalla madre che non l’ha potuta crescere, dalla famiglia quando è stata venduta allo Sforza come una giumenta da monta; ma soprattutto dal fratello Juan e da Perotto, il probabile padre dell’Infante Romano, dalla sua dama preferita pantasilea e da Alfonso di Bisceglie che amava sinceramente, tutti periti per mano di Cesare.

Venne separata poi dai figli, Giovanni che tentò di tenere vicino e Rodrigo, che vide una sola volta quando aveva sei anni e venne segnata dalla perdita di tante gravidanze.

Unica nota di serenità è il legame sincero con il terzo consorte e qualche amicizia tenera, come il cognato Francesco Gonzaga e il poeta Pietro Bembo, coi i quali però non c’è alcun legame sessuale.

Dalle sue lettere emerge il quadro di una donna gentile, premurosa e capace, seppur segnata dalle violenze psicologiche della sua infanzia e adolescenza. Una donna che riesce a trovare il suo posto nella storia e che oggi possiamo rivalutare, cancellando per sempre la leggenda nera dell’avvelenatrice incestuosa.

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