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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Il Déjà vu

da | Mar 1, 2022

Foto dal Web

La parola deriva dal francese e significa “già visto”. Dal punto di vista medico rientra nelle paramnesie, ovvero nelle alterazioni dei ricordi e consiste in una situazione in cui tutto ciò che si vede, fa riaffiorare la sensazione di averlo già visto con le medesime condizioni.

Praticamente tutti, almeno una volta nella vita, hanno provato una sensazione analoga, in cui lo stimolo sensoriale ricevuto, richiama una sensazione di familiarità strana, soprannaturale e la certezza non solo di aver già vissuto quella scena, ma anche di poter prevedere cosa stia per accadere nell’immediato.

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Siccome non è possibile riprodurre il fenomeno in laboratorio, sotto stretta sorveglianza medica, darne una spiegazione neurologica è impossibile, ma si presuppone che ci sia una sorta di corto circuito momentaneo tra le zone deputate alla memoria e quelle dell’attenzione, tra quelle della memoria a breve termine e quelle a lungo termine. Questo si traduce in una falsa sensazione di aver già vissuto una situazione identica e di poter prevedere il resto per un breve attimo.

Per concludere la parte scientifica dell’argomento, riporto le quattro attuali teorie:

  1. Teoria neurologica: si tratta di un piccolo e veloce disturbo di tipo epilettico che altera le percezioni e le conduzioni nervose.
  2. Teoria del processamento duale: secondo cui una disattivazione della memoria impedisce di recuperare un ricordo per intero, lasciando solo la sensazione di familiarità di una situazione. Non riuscendo a contestualizzare la sensazione, la mia coscienza elabora un pensiero: so che l’ho già visto, ma non so dove o quando.
  3. Teoria attenzionale: il black out momentaneo avviene nella zona dell’attenzione, togliendoci la facoltà di collegare le informazioni e lasciando la sensazione di un ricordo privo di connotazioni.
  4. Teoria amnestica: a partire da un ricordo vero, per un intoppo nel recupero dell’intera sequenza, arriviamo a sovrapporre una parte del ricordo alla situazione istantanea, guadagnando così la certezza che quel ricordo fosse completo esattamente in quel modo.
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Veniamo ora alla leggenda, che vuole il Déjà vu come espressione di poteri extrasensoriali di preveggenza, sia a mente lucida, che attraverso il sogno, il quale lascerebbe una contaminazione nella memoria, che il cervello riprende in momenti particolari, dietro stimoli particolari.

Secondo altre teorie si tratterebbe invece di un ricordo ancestrale, appartenente al passato dell’anima, quando viveva in un altro corpo. La teoria si inserisce nelle credenze sulla reincarnazione, che affronto come punto saldo nella saga di Memorie dal Buio.

Queste Memorie riguardano infatti sia la storia, che esploro per calarvi i personaggi, sia il passaggio dell’anima “prescelta” delle protagoniste da un corpo all’altro, attraverso i secoli, mille vite, mille nascite e mille morti.

Benché non siano pochi coloro che usano l’espediente del ricordo “inciso” nel DNA, da medico cerco comunque di non forzare la fisiologia dimostrata, ma di inserirmi nei misteri irrisolti dandone una nuova chiave di lettura e, siccome nessun ricordo si trasforma in nuovi geni, con buona pace dei creatori di Assassin’s creed, personalmente preferisco la teoria della migrazione dell’anima.

Questo grumo di energia priva di massa, dopo la morte lascia le spoglie e, dopo un tempo più o meno lungo a vagare in altri piani di esistenza, torna a reincarnarsi in un nuovo corpo.

La nuova vita può scorrere ignara del retaggio che si porta dietro, oppure veder emergere suggestioni e piccoli flash di un passato che non gli appartiene.

E, quando questo accade, inizia proprio così, con un déjà vu.

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