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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

La nouvelle Justine – Donatien Alphonse Francois Marquis De Sade – V.M. 18

da | Lug 11, 2022

Foto dal Web

Prima di continuare a leggere, sottolineo di nuovo il fatto che tratterò un argomento sensibile, con espliciti riferimenti al sesso e alle parafilie, dunque è una lettura non consigliata a minorenni. Sapevatelo!

Ora proseguo. Ho scelto quella copertina che è la stessa del testo in mio possesso, quello della prima edizione (1787) con le illustrazioni di Jean-Jeacques Pouvert. De Sade infatti riscrisse il testo tre volte, ampliandolo di volta in volta tanto con avventure della malcapitata Justine (da cui il sottotitolo del libro: le disavventure della virtù), che con riflessioni filosofiche e (im-)morali sulla religione. Il Marchese De Sade, da cui è nato il termine “sadismo”, se non lo sapevate, era infatti un illuminista, rivoluzionario, profondamente anticlericale e non mancherà nelle sue opere, specie in questa, di mettere a nudo tutte le contraddizioni le ipocrisie della chiesa del suo tempo. A leggere bene tra le righe, ci accorgiamo che nulla è cambiato in 200 anni nella Chiesa. Ma veniamo alla trama.

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Justine e Juliette sono due sorelle, figlie di un ricco borghese e allevate nei migliori collegi religiosi di Francia. A seguito della bancarotta del padre e della morte dei genitori, si ritrovano sbattute per strada, ma mentre Juliette (che sarà protagonista di un libro tutto suo “La prosperità del vizio”) abbraccia una vita dissoluta, sensuale e impudica, uscendone ricca e felice, Justine, che mantiene saldi i principi religiosi inculcati nel collegio, finisce preda di una lunga sequela di pervertiti pescati a piene mani tra nobili, borghesi, spiantati e prelati, come a sottolineare che ogni classe sociale ha le sue devianze.

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La trama di per sé è solo un espediente per esternare il vizio e contrapporlo alla virtù della ragazza, si tratta di passaggi di mano della sventurata da un mostro all’altro, da ville nobili a conventi, in modo da avere la scusa di tratteggiare immense orge, illustrando a piene mani ogni sorta di devianza e gusto sessuale, inframezzandolo a riflessioni filosofiche sul male e sulla presunta pretesa del bene di vincerlo. Nelle prime due stesure, quasi uno specchio della storia di Juliette, la narrazione era in prima persona, mentre nell’ultima il punto di vista è del narratore onnisciente.

De Sade ha la sua convinzione e non cessa di esternarla a ogni pié sospinto, denunciando soprattutto la depravazione del clero. Non solo mostra una fantasia immensa nel presentare le devianze e i rapporti sessuali, tanto che, considerando i lunghi periodi di carcerazione nella Bastiglia, ci viene difficile credere che abbia provato tutto ciò sulla propria pelle, ma tratteggia un compendio completo di parafilie e di stereotipi, quasi fosse una enciclopedia di sadomaso.

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La prima volta in cui ho letto La Nouvelle Justine, ho pensato che Se Sade scrivesse con una sola mano, avendo l’altra intenta a ravanarsi nelle braghe, tanto era vivida l’immagine dell’orgia da lui descritta, così lineare nella presentazione, che non vi era quasi necessità della tavola illustrata. Poi, ad una seconda lettura, ho trovato dettagli di notevole interesse nel definire la psicologia dei personaggi, che avrebbero potuto facilmente cadere in uno stereotipo banale, ma invece si elevano ad archetipi di quella devianza e rimangono statuari e stabili in tutta la narrazione.

Mai si assiste alla denigrazione di una devianza, anzi tutte sono trattate con dignità e importanza e i compagni di malefatte mostrano concordia, condivisione e interesse a sperimentare le parafilie degli amici. Non c’è razzismo, non c’è altra sopraffazione se non dei viziosi sui virtuosi, i quali, spesso, comprendono l’errore e passano dalla parte dei carcerieri.

Non Justine, lei persevera nelle sue virtù cristiane e per questo soffre nelle mani dei suoi aguzzini in un’escalation di sofferenza fisica e mentale e di spettacoli orrendi cui ella assiste, fino all’epilogo, immaginabile, ma per nulla scontato, che non spoilero per ovvi motivi!

De Sade non è solo ateo, è anche blasfemo, violento e percorre tutte le strade del vizio e della devianza sessuale, non mostrando predilezione per determinati argomenti, ma compilando, con la sua opera completa di testi sopravvissuti alla censura e alla distruzione, una vera enciclopedia del sesso nelle sue forme più estreme. Dello stesso autore consiglio infatti Juliette, Le undicimila verghe e le 120 giornate di Sodoma, in cui emerge, più di altri lavori (sebbene questo sia incompiuto a causa della morte dell’autore) la ricerca del dettaglio e della pianificazione, con una simmetria quasi maniacale e ossessiva della trama.

In alcuni testi, gli argomenti trattati sono davvero disturbanti, riguardando minori, donne gravide e feti, quindi la lettura di questo autore è chiaramente subordinata all’accettazione di questi argomenti come parte dell’opera. Questo è parte dei motivi che hanno portato il Divin Marchese a soggiornare tanto spesso nelle patrie galere ed è il motivo principe per cui, davanti a “cose” definite erotiche come le “50 sfumature”, chi ha letto, digerito e apprezzato De Sade può solo dire a E.L.James: “Dilettante, spostati vah…”

COME LEGGERLO:

Luogo: su una comoda chaise longue

Tempo: fine estate

Sapori: pasta di mandorle

Profumi: olio di cedro

Musica: Les tendres plaintes – Jean Philippe Rameau

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