
Quante volte abbiamo letto romanzi in cui i personaggi ci apparivano privi di spessore o motivazioni? O in contrasto tra la presentazione che il narratore fa di essi, e il loro agire? Quante volte non abbiamo compreso i motivi di una reazione emotiva all’interno di una scena o di una trama? Noi avremmo reagito diversamente, noi avremmo fatto scelte differenti e, sebbene col senno di poi sia facile giudicare un avvenimento, dobbiamo anche considerare che le reazioni delle persone, e quindi dei nostri personaggi, devono essere in armonia con la loro formazione emotiva infantile.
Oggi tratteremo appunto dei bisogni emotivi primari, quei pilastri che, se soddisfatti da bambini, permettono un corretto sviluppo psico-emotivo nell’adulto e che, trascurati o insufficienti, causano delle mancanze nell’evoluzione sentimentale e dei meccanismi compensatori e lo faremo grazie alle teorie di Jeffrey Young. Iniziamo col definire i soggetti “caregiver”, ovvero i genitori o le figure alternative che si prendono cura dei bambini e cui spetta il compito di soddisfare questi bisogni. Vediamo ora questi bisogni in un veloce schema:
- stabilità
- rispetto
- accudimento amorevole
- empatia
- protezione
- accettazione
- integrazione
- autonomia
- sicurezza
- senso di identità
- senso di competenza
- libertà di espressione
- spontaneità e gioco
- limiti realistici e autocontrollo
Nella cura parentale, l’adulto di riferimento ha il compito di dare la giusta risposta a questi bisogni, ovvero non troppo né troppo poco, non attraverso traumatizzazione o eccesso di interiorizzazione delle figure di attaccamento. Viene chiaro notare quindi che nell’articolo possiamo trovare spunti per le mancanze dei personaggi e anche le loro origini. Il protagonista che ha sempre paura di fallire, ha questo trauma originato da una mancanza dello sviluppo del bisogno di autonomia e senso di competenza, o per un trauma correlato a una mancata analisi e motivazione di un “errore”?
Da queste mancanze i personaggi possono sviluppare “schemi maladattativi” come
- abbandono/instabilità
- sfiducia/abuso
- deprivazione emotiva
- inadeguatezza/vergogna
- esclusione sociale
- dipendenza/incompetenza
- vulnerabilità a pericolo o malattie
- invischiamento/sé poco sviluppato
- fallimento
- pretese/grandiosità
- insufficiente autocontrollo/autodisciplina
- sottomissione
- autosacrificio
- ricerca di approvazione e riconoscimento
- negatività/pessimismo
- inibizione emotiva
- standard severi
- punizione

Attraverso il confronto tra le schede personaggio dei “caregiver” e i protagonisti, positivi o villains che siano, è possibile creare un dualismo tra un bisogno dell’elenco precedente e uno schema maladattativo di questo secondo elenco. Tra l’altro, sempre secondo Young, ci possono essere tre diversi tipi di risposta, i “comportamenti” attivati per fronteggiare ciò che avviene dentro o fuori di noi e sono i cosiddetti “stili di coping”, che anche i nostri personaggi useranno per far fronte agli schemi: resa, fuga e contrattacco. Tra l’altro, bambini esposti alle medesime carenze, talvolta anche fratelli, quindi con un alto grado di condivisione degli stimoli e delle esperienze, sviluppano stili di coping differenti.
La RESA implica accettazione totale del proprio schema e il restare immobili a subire l’avvenimento, mentre la FUGA implica il sottrarsi a qualsiasi situazione che potrebbe portare allo schema e all’evento conflittuale. il CONTRATTACCO porta invece il personaggio a iper-compensare lo schema aggredendolo (e aggredendo anche altre persone attorno), andando in senso opposto e contrario al proprio schema. Attenzione però che questo non significa risolvere il disagio!
Un personaggio potrebbe però cercare un riscatto o una guarigione dallo schema maladattativo ed evolvere nelle pagine del romanzo attraverso tecniche e strategie cognitive e personali che mirino a compensare le distorsioni cognitive e i pensieri disfunzionali.
Vi lascio con un piccolo esercizio di scrittura creativa: create una linea familiare con almeno tre personaggi imparentati in vario grado, ma almeno uno deve essere una figura “caregiving” e stabilite un difetto nel caregiving che causi un deficit in un bisogno e quindi uno schema maladattativo in un personaggio o più di uno, magari con coping differenti. Se poi vi cimenterete in un conflitto generazionale nonno/genitore/figlio, sarete anche pronti per il prossimo articolo! Stay tuned!
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