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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Emozioni e conflitti

da | Apr 24, 2023

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Lo scopo primario di uno scrittore dovrebbe essere, secondo me, tramettere emozioni, creare uno stato positivamente attivo nel lettore che deve uscire dall’esperienza di lettura arricchito in vario modo: emozionalmente, culturalmente, socialmente. Questo, ovvio, nel mio mondo utopico che cresce per diventare migliore e in cui ogni essere umano partecipa di una evoluzione collettiva. Il fatto che prenda dei gran calci nel sedere comunque non mi fa desistere da un proposito che pur nel mio piccolo, voglio mantenere come sprone morale per la mia vita.

Ma torniamo a emozioni e conflitti nei romanzi. Entrambe le situazioni sono motori che spingono la trama e soddisfano il lettore, per lo meno il “buon lettore”, non quello che è “allergico” a tutto ciò che è più impegnato di un libro sul corsivoe o più lungo della brochure del ristorante cinese. Iniziamo con un paio di precisazioni.

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Emozione è ciò che genera in noi un’attivazione del sistema neuro endocrino, generando un flusso elettrico nelle sinapsi e la produzione di ormoni che iniziano a fluire nel sangue a farci “sentire cose” come rabbia, dolore, gioia, amore, eccitazione, ansia eccetera.

Conflitto è, in maniera oggettiva, non nel nostro sentire, quella situazione di discordanza dentro la trama che muove i personaggi e le loro scelte. Un conflitto emozionale, o situazionale, si spalma poi sulla nostra percezione e ci permette l’astrazione di ciò che stiamo leggendo, le parole in sequenza, in immagini mentali. Quindi come creare un conflitto e generare emozioni?

Il CONFLITTO LETTERARIO è tutto ciò che genera una progressione nella stasi iniziale dei protagonisti, una sfida necessaria al progredire della trama e dell’evoluzione del personaggio stesso. Senza un conflitto importante, vero e credibile, il romanzo risulta piatto e noioso. Si divide in due categorie: interno ed esterno.

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CONFLITTO INTERNO: riguarda la psiche del protagonista e il suo rapporto con le emozioni: rabbia, dolori irrisolti, ricerca interiore. Attenzione però: mi è capitato di leggere incipit da giudicare nel famoso torneo di IoScrittore, in cui la trama non era altro che un diario intimo di una persona che elencava ciò che faceva e pensava durante il giorno. Sebbene sembri un conflitto interno, questo non basta a creare un romanzo intimista, ma assomiglia più a un diario come l’abbiamo tenuto tutti da ragazzini, scritto a penna e chiuso col lucchetto. Non per questo le dolorose riflessioni su quanto sia difficile la vita sono bastanti a dare alle stampe in nostro diario di Poochie, perché sarà difficile che stimoli l’emozione del lettore. Sembra una frase crudele, ma è così: una vita piatta e senza avventure non ha attrattiva per il lettore che vuole, appunto, emozioni e scoperte nuove e non l’ombra del caffè nella tazzina. Il conflitto interno deve essere importante, destabilizzante, mettere il personaggio alle strette con una scelta decisiva e capitale.

CONFLITTO ESTERNO: sicuramente più facile da rendere accattivante, è rappresentato da tutti quegli avvenimenti che accadono attorno al protagonista come guerre, incidenti e possiamo suddividerli in quattro ulteriori categorie: contro un altro personaggio, contro la natura, contro la società o contro la tecnologia/il soprannaturale.

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Non è sbagliato introdurre più conflitti, a patto che siano credibili, bilanciati e che siano funzionali alla storia. Una donna che abbia avuto una infanzia terribile, che poi viene aggredita e poi scopre di avere un tumore, mentre i suoi genitori muoiono in un incidente stradale e l’uragano Katrina devasta la sua casa e lei deve scegliere se tenere il bambino o fare la chemio, è decisamente “troppo”.

Una volta che avremo individuato il “conflitto maggiore” e sistemato qualche conflitto minore, avremo già una buona ossatura sia del romanzo, che del protagonista, che avrà così la sua “scheda” più particolareggiata e piena.

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Qualche esempio: per chi ha letto La Bestia, il conflitto maggiore è personaggio contro personaggio, ovvero il gruppo investigativo contro l’assassino, ma in Cécile c’era anche un conflitto personale con la sua eredità di “figlia della strega francese”, mentre in Etienne c’era il conflitto interno tra il desiderio di aprirsi all’amore per la ragazza e il suo dovere come inquisitore. In L’abito della Signora, il conflitto principale è delle Giardiniere contro il governo asburgico, ma in Caterina c’era un conflitto interno che riguardava un fatto traumatico, in Bianca un conflitto legato all’ambivalenza dei suoi sentimenti e in Markus quello tra l’amore per Carolina e il suo dovere come ufficiale militare.

Un errore comune è che questi conflitti interni, secondari, non vengano seguiti e sviluppati correttamente, ad esempio, che Caterina, dopo due pagine di panegirico sulla sua agorafobia, non avesse mai presentato problemi nell’uscire a passeggiare, oppure che vengano risolti immediatamente e senza sforzo, non sarebbe credibile. Un altro errore è che vengano messi talmente in risalto, da offuscare la trama principale, generando sottotrame che il lettore ha difficoltà a seguire se non vengono incastonate bene nella trama stessa.

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L’EMOZIONE è ora pronta a sgorgare dalle pagine. Il conflitto stesso genererà emozione nel lettore, attesa e ricerca della risoluzione, ma solo con un abile dosaggio di parole, pause e situazioni, avremo davvero il travaso di emozioni. Le prime emozioni però, sono sempre quelle di noi scrittori. Se quello che scriviamo non ci ha smosso, forse dobbiamo avere il coraggio di cestinarlo. Faccio un esempio pratico che riassume il concetto: se non so scrivere una scena erotica, non ce la devo mettere! Se ho tabù letterari, imbarazzo o vergogna nel trattare il sesso o, al contrario, se non lo so descrivere in altro modo che con parole volgari, è meglio che svicoli sulla situazione lasciando i protagonisti a spegnere la luce o chiudere la tenda, senza addentrarmi nella descrizione della scena perché invece che creare eccitazione nel lettore, strappargli le mutande di dosso, lo irriterò perché si aspetterà una bella scena erotica, all’altezza di quanto letto fino a quel momento, ma invece si troverà un paragrafo noioso.

Un’altra nota importante, è che l’emozione deve avere il tempo di fluire e maturare. Se riusciamo a dosare le parole e il ritmo del paragrafo, o del capitolo, con accortezza, permetteremo al lettore di far germogliare l’emozione, godersela e poi lasciarla andare, preparandolo a nuove emozioni, magari completamente diverse. Il corpo ha necessità di un certo tempo per gestire le emozioni, perché se la comunicazione neurale è immediata, segue la velocità di azione e reazione, la componente ormonale necessita maggior tempo per fluire e, soprattutto, per esaurirsi. Se tronchiamo troppo di netto una situazione, rischiamo che il lettore percepisca l’emozione come “monca”, non risolta e che il libro gli dia la sensazione al palato di qualcosa di incompiuto, una galletta di riso perfetta a vedersi, ma che non ha sapore e va giusto bene come sotto bicchiere o, nel caso di un libro, come ferma porta.

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Quindi la mia lezione di oggi è: trovate il giusto conflitto maggiore, dosate ad arte i conflitti minori e sviluppate trama e personaggi in modo che il ritmo delle emozioni che le vostre parole trasmettono possa evolvere nel lettore in maniera completa e soddisfacente!

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