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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Gli errori da non commettere coi personaggi

da | Nov 26, 2021

Foto dal Web

Ognuno ha il suo metodo particolare per costruire i personaggi. Il mio è quello di farli muovere un po’ nella mia mente per vedere se “funzionano”, ovvero se sono credibili, coerenti, se hanno una utilità nell’economia della storia e quale spazio potrei dar loro – protagonisti o comparse – tra le pagine. All’atto di costruire i propri personaggi, occorre evitare alcuni errori che rischiano di inficiare la riuscita anche della trama meglio costruita. Di seguito, dieci tipologie (e una bonus!) di personaggio da evitare:

  1. Sottiletta: un personaggio che appare piatto, statico, con un sapore falso, chimico e che si scioglie al primo intoppo della trama è il cosiddetto “personaggio sottiletta”, ovvero un riempitivo utile da mettere un po’ dappertutto nella cucina sciatta, ma sulla quale non baseresti certo una cena da Cracco. E’ un personaggio che non lascia nulla nell’emozione e nel ricordo di chi legge il romanzo, che potrebbe esserci o meno e non fare la differenza.
  2. MarySue e GaryStu: un personaggio troppo perfetto e privo di difetti o debolezze, viene definito MarySue o, al maschile, GaryStu dalla letteratura anglosassone. Se è pur vero che il protagonista qualcosa di eroico lo deve avere, anche in negativo semmai, è facile incappare nell’errore di attribuirgli una patina semidivina in modo che appaia qualche metro sopra gli altri, quel volgo da cui si distingue per acume e virtù. Sono personaggi che magari abbiamo pensato come fulcri positivi, ma che divengono solo noiosi e poco credibili.
  3. Supereroe: a meno che non stiamo scrivendo uno spin off per la Marvel, non ha senso che i nostri personaggi siano invincibili. Un errore che si può fare, specie nel fantasy o con personaggi cui siamo affezionati, è dare loro talmente tanto potere, da renderli intoccabili. Questo da un lato tranquillizza la nostra psiche, ci appaga al pensiero che quel personaggio, rifugio della nostra instabilità, sarà sempre lì a sostenerci, dall’altro ci mette nella difficile situazione di non avere più sfide da mettergli davanti: se è immortale, potentissimo fisicamente, pieno di poteri soprannaturali, cosa posso fargli fare che non sia risolvibile con uno schiocco di dita? Per quanto ci spiaccia, la mancanza di punti deboli sancisce la morte di un personaggio tanto quanto la loro presenza.
  4. Avatar: un personaggio nato col solo scopo di divenire il nostro vendicatore, colui cui affidiamo il compito di essere ciò che noi avremmo voluto divenire. L’avatar si muove col solo scopo di essere la nostra proiezione nel romanzo che, spesso, affronta un tema che nella vita reale ci ha messi alla prova e contro cui abbiamo perso. Ecco che l’avatar ci permette di esorcizzare quella sconfitta riportando la pace nel nostro subconscio, ma la noia nel nostro lettore che non è detto che capisca il nostro bisogno di rivalsa, se non ha vissuto la medesima prova o se ha reagito in maniera diversa.
  5. Clone: personaggi tutti uguali, che appaiono come gemelli siamesi non del tutto divisi dalla chirurgia della correzione di bozza, sono i cosiddetti cloni. Spesso direttamente connessi al concetto di avatar, i cloni appaiono statici, identici nei dettagli e a volte dotati solo di pochissime variazioni individuali, giusto il minimo sindacale. Spesso sinonimo di scarsa fantasia nell’autore, nascono così anche perché rappresentano ognuno una piccola sfaccettatura caratteriale dello scrittore che, infatti, nei dialoghi, tradirà l’errore facendoli risultare come lunghi monologhi interrotti dai caporali, ma che, letti tutti di seguito, non paiono affatto provenire da più voci, ma dalla medesima. La sua.
  6. Banderuola: personaggi che cambiano pensieri e modi di agire con la stessa velocità con cui una banderuola si adatta al cambio di brezza nella Rosa dei Venti, sono quelli poco definiti, creati in fretta per sopperire a esigenze di trama ma che non vivono una vita propria tra le righe del romanzo. Una evoluzione dei personaggi è certo ammessa nelle trame che prevedono una formazione e una crescita del personaggio, sia sui lunghi periodi, come nelle saghe familiari, sia sui brevi intermezzi di vita, come nelle indagini che durano lo spazio di pochi giorni o settimane. Ma l’evoluzione in questo caso è circostanziata e documentata dalla trama, mentre le banderuole sembra che si adattino più all’umore dell’autore che all’economia della trama.
  7. Stereotipo: un personaggio troppo affine al cliché classico di una categoria, rientra negli stereotipi: fratello geloso, moglie o marito traditori, domestico assassino. Il buon autore sa comunque prendere un archetipo di trama o di personaggio e presentarlo in una nuova veste coerente e convincente. L’errore dello stereotipo invece avviene quando non c’è altra definizione nel personaggio che il suo cliché, ovvero il fratello non ha altro nella vita se non la gelosia, il domestico non ha altra definizione se non il desiderio omicida. Non voglio con questo dire che non si possa scrivere della loro determinazione o follia nel perseguire l’obiettivo, ma che ci deve essere anche “altro” nel personaggio per farlo risaltare: hobbies, un passato, una motivazione (credibile).
  8. Caricatura: un personaggio che mostra del grottesco nelle sue defaillances è una caricatura. Sebbene sia una tecnica utilissima nella satira e che io stessa adori l’irriverenza iconoclasta di certi autori e fumettisti contemporanei, un romanzo che non sia dichiaratamente satirico o grottesco non dovrebbe impantanarsi nella creazione di personaggi la cui goffaggine non sia legata a esigenze specifiche di trama. Ad esempio il maggiordomo pasticcione, che rovescia il porridge sugli ospiti, viene umiliato dal padrone e quindi medita di ucciderlo, in una trama caricaturale scivola su una buccia di banana, come nelle migliori gag. In una trama evoluta viene, magari, sgambettato da un principe viziato o da un altro domestico geloso e la sua caduta è la composta e dignitosa perdita della grazia, non la scivolata di Tom e Jerry sul pavimento della cucina di Mamy.
  9. Deus ex machina: un personaggio (o un fatto, come vedremo nell’articolo sulla trama e i suoi errori) che viene usato per risolvere una situazione altrimenti troppo complessa per trovare una soluzione logica e razionale. Un Deus ex machina è, letteralmente, un dio che parla attraverso una macchina, un espediente che origina dal teatro classico greco, in cui l’apparizione della divinità che risolveva la situazione, era rappresentata da un attore che parlava attraverso macchinari o effetti speciali che dessero l’impressione che a parlare fosse un dio. Nella letteratura moderna, il Deus può paradossalmente distruggere anche la trama meglio costruita. Un Deus può essere il tecnico di laboratorio che, nell’indagine, scopre che il residuo sul corpo è una particolare fibra prodotta solo da tre aziende al mondo, di cui una si trova nella città dei delitti. Oppure il parente mai visto nella trama, che arriva all’ultimo momento e rivela il dettaglio della vita dei protagonisti che sblocca una situazione.
  10. L’alternativo: un personaggio che per forza deve essere alternativo a tutti i costi può risultare poco credibile e ricadere anche in altre categorie, come lo stereotipo o la caricatura. E’ pur vero che a volte sui social si leggono certi post che fanno capire quanto gli “alternativi a tutti i costi” siano diffusi e ben più fantasiosi di quanto ci si possa aspettare, ma a meno che non stiamo scrivendo un romanzo distopico o grottesco, la presenza di una personalità la cui peculiarità alternativa non sia ben strutturata nella sua psicologia e nell’equilibrio del romanzo, rischia di creare una macchietta fastidiosa.
  11. Livello bonus! L’assembramento: un mucchio di personaggi che si assembrano nella trama, tutti col medesimo (o quasi) livello di importanza, può generare confusione nel lettore e rendere la trama pesante e difficilmente digeribile. Non esiste un numero adatto di personaggi oltre i quali dichiarare un romanzo troppo “assembrato”, dipende tutto dall’impalcatura del romanzo stesso. In un racconto breve quattro o cinque personaggi sono più che sufficienti, in una saga possono essercene anche venti, a patto che si stabiliscano per loro dei livelli gerarchici di importanza: i protagonisti fissi devono essere sempre limitati nel numero, delineati, e approfonditi, mentre le comparse, disposte su più livelli di presenza e interazione (comparse importanti, comparse saltuarie, comparse una tantum), vanno presentate con minore approfondimento della loro storia e psicologia e sempre nella medesima maniera, in modo che non vi sia per loro tutta l’evoluzione che magari hanno i personaggi principali.

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