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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

I fantasmi di Milano

da | Apr 13, 2022

Foto dal Web

Anche Milano ha le sue storie di fantasmi che attraversano la sua storia dal medioevo a oggi. Alcune apparizioni sono viste dai milanesi come benevole e beneauguranti, altre sono dolorose e terribili. Vediamo qualcuna di queste storie.

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A poca di stanza dal centro di Milano inizia il nostro viaggio e lo fa dall’inquietante e bellissima chiesetta di San Bernardino alle Ossa, una raccolta di teschi e scheletri di morti di peste e di criminali uccisi che tappezzano le pareti in terribili e meravigliose simmetrie. I milanesi avvezzi a pratiche scaramantiche o occulte, sono soliti ripiegare foglietti con desideri ed ex voto che arrotolano e infilano nelle orbite del teschio che “adottano” come protettore. Indubbiamente, visitare quel luogo offre istanti di intensa emozione e l’odore delle antiche ossa, armonizzato con la luce radente dalle alte vetrate, contribuisce a creare un’atmosfera onirica e potente. Non si può non associare storie di fantasmi a questo luogo, ma in particolare, uno di questi scheletri, appartenuto a una bambina senza nome, la notte di ognissanti si ricomporrebbe per iniziare una Danza Macabra che coinvolge e rianima anche altre ossa.

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Passando da Piazza Fontana, arriviamo nella famosissima Piazza del Duomo. E’ il territorio del fantasma di Carlina, che apparirebbe nelle foto degli sposi che si fanno immortalare nella basilica o sopra di essa. E’ qui infatti che pare essersi consumata la tragedia della giovane sposa, giunta in viaggio di nozze da Como col suo Renzino. La donna era incinta, ma non dello sposo, bensì di un biondo straniero con cui aveva giaciuto mentre già era fidanzata.

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La leggenda vuole che, presa dal rimorso, abbia lasciato la mano dello sposo per correre tra le guglie e qui sia sparita: qualcuno dice che si sia lanciata nel vuoto, qualcuno che sia caduta, fatto sta che il suo corpo non verrà mai trovato. Il fantasma di Carlina apparirebbe quindi nelle foto degli sposi, vestita di seta nera, poiché sempre la sua leggenda, vuole che fosse in uso che le spose si vestissero di nero per ingannare i feudatari e non farsi violentare per la consuetudine dello ius primae noctis, ovvero il diritto del feudatario locale di sverginare le spose per primo.

In che modo un fantasma descritto come “dal volto inquietante” possa essere considerato beneaugurante per gli sposi, resta un mistero irrisolto per me, che continuo a pensare che la ragazza sia semplicemente fuggita e sia andata a partorire da qualche parte.

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Dando le spalle alla basilica e svoltando a destra, troviamo l’imbocco della Galleria Vittorio Emanuele II, dove aleggerebbe il fantasma del suo architetto, Giuseppe Mengoni che non poté assistere alla cerimonia di apertura ufficiale della sua opera, perché la sera precedente, il 30 dicembre 1877, cadde da un’impalcatura sulla quale si era arrampicato per ispezionare alcuni dettagli.

Foto Milano Today

Attraversando tutta la galleria si giunge alla Piazza della Scala, dove il celebre teatro, costruito alla fine del 1700, ospiterebbe il fantasma di Maria Callas, che si divertirebbe a spaventare i loggionisti, colpevoli di averla fischiata per aver steccato in un’opera. Il suo fantasma avrebbe viaggiato qui o da Parigi, luogo in cui fu cremata o dal Mar Egeo, luogo in cui furono sparse le ceneri.

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Di fronte alla Scala, c’è Palazzo Marino, sede del Comune di Milano e di una maledizione lanciata dai milanesi al suo proprietario, il banchiere genovese Tommaso Marino. Questi, invaghitosi di una nobile veneziana, Arabella Cornaro, ricevette una richiesta dal padre di lei che, per concederla in moglie, pretese la costruzione di un palazzo sullo stile veneziano, bello e sontuoso, in cui ella potesse vivere. Fu così che nel 1558 iniziò la costruzione della sua dimora, espropriando e radendo al suolo tutte le case sull’area. Pare fosse infatti un uomo senza scrupoli, circondato da una masnada di “bravi”, nel senso manzoniano del termine, che non lesinarono di usare le maniere forti per cacciare gli inquilini dalle loro case.

La maledizione che il Marino si guadagnò suona così:

Congeries lapidum
multis constructa rapinis
aut uret, aut ruet, aut alter raptor rapiet.
Accozzaglia di pietre,
costruita grazie a molte ruberie,
o brucerà, o crollerà, o sarà rubata da qualche altro ladro.

Arabella, la Bella Ara della filastrocca in dialetto, costretta a sposare Marino, si impiccò sul baldacchino del letto di una casa di campagna.

Ara, bell’Ara discesa Cornara,
de l’or fin, del cont Marin
strapazza bardocch,
dent e foeura trii pitocch,
trii pessitt e ona massoeura,
quest l’è dent e quest l’è foeura.

Ara, bell’Ara della famiglia Cornaro,
dai capelli di oro fino, appartieni al conte Marino
strapazza preti,
dentro e fuori di casa ci sono tre bravi,
con la mazza e i tre pesciolini,
questo e dentro e questo e fuor.

Marino morì pieno di debiti e il palazzo restò incompiuto. Qui, qualche decennio dopo, sarebbe venuta alla luce Marianna, nipote di Tommaso e che tutti conosciamo come La Monaca di Monza.

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Procedendo verso Piazza Cordusio, incontriamo un fantasma decisamente famoso, Lucrezia Borgia, della quale è conservata una ciocca di capelli bellissimi alla Pinacoteca Ambrosiana. E’ sicuramente uno spettro dotato del dono dell’ubiquità, in quanto apparirebbe anche a Ferrara, città in cui è morta; a Milano comunque apparirebbe la notte, per venire a pettinare la sua ciocca.

Ma come ci è finito un ricciolo di Lucrezia a Milano, visto che lei non ci venne mai? Durante il suo terzo matrimonio, quello con il conte Alfonso d’Este, la duchessa di Ferrara intrattenne una relazione platonica, romantica e cavalleresca, col poeta Pietro Bembo e, in ringraziamento di alcune poesie, insieme a una missiva, gli fece recapitare anche una ciocca di capelli che l’uomo tenne con sé come una reliquia in una teca di vetro e che, alla sua morte, arrivò al suo riposo definitivo.

Qui, fu ispirazione per tutto il periodo del Romanticismo ottocentesco e venne venerata quasi come una reliquia, da Flaubert e da Lord Byron, che scrisse di aver trafugato un singolo capello da tenere per sé. La sua collocazione definitiva avvenne nel 1928, quando l’orafo Alfredo Ravasco realizzò la teca che ancora oggi vediamo, dalla quale pendono due immagini: il toro Borgia e l’aquila d’Este.

Di Lucrezia e della famiglia Borgia ho scritto nel romanzo di prossima pubblicazione Memorie dal Buio, Meretrix, di cui potete leggere un estratto qui. A lei, il cui compleanno è vicino (14 aprile) ho dedico un articolo a parte pochi giorni fa che potete leggere invece a questo link.

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Procedendo verso la Chiesa di San Tomaso in Terra Mala (un nome, un programma), ci aspetta il fantasma di Cecilia Gallerani, che tutti conosciamo come la Dama con l’Ermellino dal ritratto di Leonardo da Vinci. La donna, amante di Ludovico il Moro per diversi anni, diede alla luce suo figlio, Cesare Sforza Visconti, solo pochi mesi dopo il matrimonio del suo amante con Beatrice d’Este, di tre anni più giovane di lei, che inizierà presto a fare pressioni per allontanare la rivale da corte.

Il Moro non è che ne avesse molta voglia, anche perché pare che Beatrice non volesse adempiere ai doveri coniugali, ma alla fine intesta a Cecilia e al figlio numerosi possedimenti e la ragazza trova anche marito. La sua morte, avvenuta tra i 62 e i 63 anni non nasconde nulla di violento o improvviso e il suo corpo e stato tumulato probabilmente della Chiesa di San Zavedro, presso San Giovanni in Croce. Non si spiega dunque come mai il suo fantasma venga visto in centro a Milano.

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Arriviamo poi al Castello Sforzesco, sede della nobiltà regnante per diversi secoli e quindi teatro di molte nascite e morti. Una di queste, particolarmente efferata, riguarda Bianca Maria Scarpardone, Contessa di Challant, che amava circondarsi di amanti, ma quando ne uccise uno nel 1526, Ardizzino Valperga, per motivi che non sono noti, venne condannata a morte per decapitazione e la sentenza eseguita su una fortificazione (rivellino) del castello.

Il suo fantasma apparirebbe come una dama intenta a bere il sangue dell’amante da un calice, ma quando la si vede alzare la testa per deglutire, il collo si apre e la testa cade indietro. Non è però l’unica donna ad apparire nel Castello: ci sarebbero infatti altre illustri nobildonne come Bona di Savoia, la strega Isabella da Lampugnano, Beatrice d’Este (la moglie frigidina di Ludovico il Moro) e Isabella d’Aragona.

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Dietro il castello si stende il grande polmone verde di Milano, il Parco Sempione, nel quale si vedrebbe camminare una dama velata di nero, la cosiddetta Dama Nera, di cui non si conosce l’identità, ma che è pronta a sedurre gli uomini in un ballo senza fine. Quando le sue prede giacciono innamorate e sollevano il velo, davanti alla visione di un orrido teschio spolpato, perdono il senno, prendendo a vagare come folli nel parco.

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Torniamo indietro verso Via Santa Marta e una sua traversa, via Bagnera, che la unisce a Via Nerino. Qui pare che un refolo gelido annunci l’arrivo del fantasma di Antonio Boggia che visse qui, nella casa che fa angolo tra le due vie. Chi era costui? Un assassino, il primo Serial Killer di Milano che tra il 1849 e il 1862 pianificò lucidamente almeno quattro omicidi, al fine di incamerare ricchezze e possedimenti delle sue vittime.

Alcuni dei cadaveri vennero occultati proprio nello scantinato della sua abitazione, a volte nel terreno, a volte murati nelle pareti.

L’uomo venne condannato a morte per impiccagione e la sentenza, eseguita l’8 aprile del 1862, fu l’ultima applicata a un civile (fino alla seconda guerra mondiale), grazie all’abolizione della pena di morte, avvenuta nel 1890 grazie al Codice Zanardelli.

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Scendendo verso Sud, oltre via Torino, troviamo la Basilica San Lorenzo maggiore e il suo prato, costruito sopra l’antica Piazza Vetra. E’ qui che terminiamo il nostro giro dei fantasmi di Milano, parlando del luogo forse più infestato. Qui sorgeva infatti il patibolo e migliaia di condannati a morte nel corso dei secoli hanno attraversato il “ponte della morte”, che scavalcava il Canale della Vetra, oggi interrato come tanti bellissimi canali di Milano, giungendo al loro supplizio.

Famosi sono i roghi delle Streghe iniziati nel 1390 con la morte di Sibillia Zanni, ad appena tre anni dalla bolla di Papa Giovanni XXII “Super Illius specula”, che dava ufficialmente il via alla caccia alle streghe. I nomi periti qui e che possono essere parte delle tante presenze che vi aleggiano, sono davvero tanti, da una certa avvelenatrice Caterina dei Medici del 1617, a stregoni come Giacomo Guglielmotto, Angela Dell’Acqua e Maria de’ Restelli. Ricordiamo poi due “untori”: il barbiere Gian Giacomo Mora e il suo amico Guglielmo Piazza. Di tutti loro si può leggere nella Storia della Colonna Infame, di Manzoni.

L’ultimo rogo ufficiale di streghe in piazza Vetra è del 12 novembre 1641 e le vittime sono Anna Maria Pamolea e sua serva Margarita Martigonona, ma è difficile dare un nome a tutti gli innocenti mandati al rogo dall’oscurantismo religioso perché nel 1788, nel chiostro di Santa Maria delle Grazie, tutti i documenti relativi all’Inquisizione di Milano vengono distrutti, bruciati, cancellando così tutte le scomode prove del nostro periodo buio.

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