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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

Caratterizzazione dei personaggi 5 – i bambini “adulti”

da | Feb 25, 2025

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Quanto fastidio può dare in un romanzo trovare personaggi bambini descritti e fatti muovere come piccoli adulti? A me tanto, veramente tanto. Considero un errore molto grave per un autore non saper creare un personaggio bambino, perché al pari di qualsiasi altro carattere del nostro lavoro, anche la presentazione di un infante richiede studio e una scheda coerente con il suo sviluppo. In questo articolo tratteremo quindi le fasi dello sviluppo dei bambini e le eccezioni, ovvero quelle neurodiversità che possono creare un bambino “fuori dagli schemi”.

Nel PRIMO ANNO di vita, il bambino fa progressi enormi, a iniziare dalle conquiste motorie, che passano dal controllo della testa come movimento e sostegno, al controllo delle mani nella prensione e nell’esplorazione, all’uso dei piedi per spingere, gattonare e infine camminare. Ma sviluppa anche tutte le connessioni neurali dell’area relazionale, reagendo ai volti familiari con il sorriso e le vocalizzazioni, fino ad arrivare alle singole parole e, dopo l’anno, alle frasi con più parole.

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E qui iniziano i problemi per gli autori, forse abituati a vedere bambini più grandi spacciati per neonati e che descrivono frugoletti appena partoriti tenuti in braccio senza sostegno del capo, manco fossero scimpanzé o gorilla, o bambini di sei mesi parlare fluenti mentre in vero attraversano la fase della “lallazione”.

Una cosa che considero importante nel caratterizzare un infante, è ricordare che tra gli 8 e i 10 mesi il bambino, avendo sviluppato la coscienza di sé, inizia a comprendere l’alterità e, se i volti familiari sono per lui motivo di sicurezza, l’estraneo diventa qualcosa di cui avere timore.

Arrivando vicino all’anno, anche se ancora non cammina o non parla con diverse parole, può comunque farsi capire attraverso concatenazioni di gesti che indicano la capacità di “problem solving”, per esempio se vuole che gli venga letta una storia, può prendere o indicare il libro che desidera ascoltare. In questa fase sviluppa preferenze nel gioco, laddove prima le aveva mostrate solo per il cibo e sa usare gli utensili nella maniera corretta se ha avuto modo di vedere e imitare i genitori.

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Nel SECONDO anno migliora la coordinazione “mano-bocca”, il movimento e le abilità acrobatiche come salire e scendere dalle sedie e dai letti. In questa fase assistiamo anche allo sviluppo della fantasia, con il gioco del “far finta che” e, a patto di avere vicina la rassicurante presenza di un genitore, esplora l’ambiente esterno alla “tana”.

Nel TERZO anno la coordinazione è migliorata ancora e gli permette di alternare i piedi nel salire e scendere le scale, usare una matita, incollare, tagliare, costruire torri impilando oggetti e copiare forme semplici. Importante è che finalmente controlla gli sfinteri di giorno e si può iniziare a togliere il pannolino. Dal punto di vista emozionale, inizia a mostrare vergogna, orgoglio, aggressività e possessività che vanno a completare le primarie “gioia e tristezza”, cosa che lo porta a conoscersi e a esprimere sé stesso e ciò che ama e si relaziona con altri bambini ed estranei imparando le regole esterne alla famiglia. E’ questo il momento in cui inizia a parlare in modo comprensibile agli estranei, rispondere alle domande e inventare storie, raccontandole con le regole grammaticali acquisite dalle esperienze con la famiglia.

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Durante la SCUOLA DELL’INFANZIA (3-5 anni), tutte le abilità sociali, motorie e cognitive si raffinano e, sebbene abbia un’idea del tempo che passa, spesso confonde la fantasia con la realtà, ecco perché non è credibile che un bambino in età pre-scolare sia un testimone affidabile in un thriller. Alla fine del percorso all’asilo il bambino inizia a conoscere lettere, numeri e la comunicazione scritta. In questa fase, l’analisi dei disegni, il modo in cui rappresenta sé stesso, la famiglia e il mondo, può essere utile a uno psicologo per capire quei pensieri non espressi e trovare eventuali blocchi causati da un trauma.

Cosa disegna un bambino? Come lo disegna? Come organizza lo spazio? Se ad esempio il bambino disegna i genitori con le gambe molto lunghe, significa che li vede dal basso, che non si piegano mai alla sua altezza, se enfatizza alcuni caratteri, come le mani, significa che sono le cose che vede più spesso (nel bene o nel male) e così una normale rappresentazione di una casetta e dei suoi abitanti può celare molte informazioni per un attento osservatore che saprà discernere i traumi nascosti nel modo in cui il bambino rappresenta sé stesso rispetto agli altri, la casa rispetto agli umani, l’ambiente naturale, perfino nel tratto (se spezzato e nervoso o uniforme e dentro i contorni) e nella scelta dei colori.

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Arrivando alla SCUOLA PRIMARIA, finalmente i bambini possono avere un ruolo attivo in un romanzo, poiché ormai hanno sviluppato competenze motorie e sociali e hanno fatto emergere le peculiarità caratteriali che vengono comprese anche da chi non è un genitore e lo conosce fin dalla nascita. Se lo sviluppo nei cinque anni di “elementari” è armonico, per le ragazze c’è una discriminante molto importante che è il menarca, ovvero la prima mestruazione, che può avvenire anche in quinta elementare e che le catapulta in un mondo nuovo, quello della pubertà e della preadolescenza.

E’ ormai universalmente accettato il fatto che le bambine siano più precoci dei maschietti in diversi campi relazionali e che alcune alunne di quarta e quinta siano già molto interessate alla componente sentimentale del rapporto coi coetanei. In ogni caso, il bambino della primaria è un personaggio sicuramente più efficace e meglio caratterizzabile, oltre che divenire protagonista interessante di romanzi d’avventura per un pubblico della medesima età. I temi franchi dell’età sono le amicizie e la scoperta del mondo e delle proprie potenzialità.

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Quello che, a mio avviso, deve essere chiaro a un autore che usa i bambini come personaggi è il fatto che ogni bambino accumula un vissuto di gioie, dolori ed esperienze che lo formano e lo cambiano, ma il loro ambito esperienziale è limitato, quindi, per quanto un bambino si sia confrontato con la morte di una persona cara, non potrà fare altro che piangere, chiedere perché e rifiutare l’avvenimento e non sarà coerente sentirlo fare della filosofia sulla morte, al massimo ripeterà come un mantra consolatorio ciò che gli adulti hanno detto, ovvero che è in “un posto migliore, in paradiso, con gli angeli” et cetera.

La PREADOLESCENZA e l’ADOLESCENZA, sono un cammino ancora più vario, arborescente, perché nel frattempo i bambini hanno accumulato un decennio di esperienze e hanno sviluppato sé stessi e la propria percezione nel mondo. Iniziano a risentire maggiormente del confronto con gli altri e con le proprie aspettative e l’apertura a sentimenti di amore verso qualcuno diverso dai genitori li espone a delusioni ed esaltazioni che loro vivono come assoluti, come se non esistesse altro sentimento o altro futuro. Tutto è bianco o nero.

Un personaggio in questa fase della vita sarà più facilmente in una zona di ribellione, contestazione, isolamento dal ménage familiare all’interno del piccolo mondo sicuro e personalizzato della propria camera e del proprio cellulare. E’ un personaggio con cui è più difficile relazionarsi, di cui è importante comprendere le esigenze e il cambiamento e, nella sua caratterizzazione, è importante anche adottare il registro linguistico che lo renderà credibile nel suo ruolo di adolescente, specie se influenzato dalla moda e dal “social”.

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I BAMBINI “PARTICOLARI”, sono poi quelli che, accompagnati da patologie cognitive, come autismo, ADHD, sindrome di Down etc, ma anche da plusdotazione cognitiva, vedono il mondo in maniera diversa dai loro compagni, a volte più limitata, a volte talmente dilatata da far loro porre domande filosofiche complesse e in anticipo sui tempi dei loro compagni (riflessioni sulla morte, il senso della vita, la spiritualità). Riuscire a dare uno schema delle varie tipologie di bambino a seconda della patologia esula dall’intento dell’articolo e viene riservato a professionisti del mestiere. Quello che posso consigliare, anche grazie alla mia esperienza personale di genitore di bambino “gifted”, è che ogni neurodiversità ha tratti comuni, ma anche peculiarità caratteriali, quindi nella stesura di un personaggio con una neurodiversità è meglio studiarne le caratteristiche con un buon testo di psicologia o interagire con uno di questi bambini.

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Quelli che si incontrano più spesso nei romanzi sembrano tutti intelligentissimi. Attenzione però! Non tutti i gifted sono uguali e non tutti i bambini sono gifted. Si stima che nella popolazione mondiale la percentuale di persone con un’intelligenza definita “geniale”, siano il 2,5%, quindi ben venga un personaggio bambino stimolante e che abbia spessore nella trama, ma sarà l’eccezione, non la regola. E’ anche bene ricordare che la plusdotazione cognitiva, anche se in assenza di autismo o sindrome di Asperger spesso si accompagna ad alcune debolezze relazionali dovute al fatto che questi bambini non vengono capiti dagli esterni alla famiglia.

Nel momento della scoperta del gruppo di classe, dell’apertura alle amicizie e alle figure di riferimento diverse dai genitori, come gli insegnanti, l’intelligenza arborescente si manifesta mettendo in soggezione o difficoltà l’interlocutore che reagisce con chiusura e isolamento del bambino gifted, verso il quale si può sentire in difetto o col quale comunque non condivide interessi e passioni. Come per ogni carattere, al momento della compilazione della sua “scheda personaggio” come descritto in questo articolo, stabiliremo un vissuto per il nostro personaggio bambino, l’età e le passioni, punti di forza e di debolezza e saremo sicuri di non sbagliare!

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Quindi lasciamo che i bambini inseriti in un contesto sociale normale (no guerre, catastrofi e lutti) si comportino da bambini nei nostri romanzi, che parlino come bambini in armonia con la loro età anagrafica. L’era dickensoniana dei piccoli sfruttati fin dalla tenera età per il lavoro è una realtà ancora vigente in alcuni paesi nel mondo, ma questo non ci autorizza a dare per buoni tanti piccoli Baby Herman nei romanzi.


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