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“Loro temono ciò che non conoscono e distruggono ciò che temono.”

I luoghi dei romanzi

da | Giu 6, 2022

Foto dal Web

Stephen King diceva di scrivere solo di “cose che si sanno”, Salgari scrisse invece pietre miliari della letteratura d’avventura in luoghi esotici che non aveva mai visitato. Dove sta la ragione? Tanto per cambiare, nel mezzo. Ciò che dobbiamo considerare, leggendo un testo del passato, è il diverso contesto in cui è stato scritto, le richieste dei lettori di allora e la moda che imperversava nei romanzi d’appendice, di descrizioni minuziose e ritmi lenti e solenni. Oggi quello che invece viene richiesto è un ritmo incalzante ed emozionante.

I punti da trattare riguardo i luoghi di ambientazione sono quindi due:

  • descrivere o suggerire?
  • luoghi conosciuti o no?

Per rispondere alla PRIMA DOMANDA, dobbiamo chiederci: la letteratura attuale cosa vuole? Per lo più un bilanciamento tra accuratezza descrittiva e ritmo narrativo. Se i grandi “wall of text” che potevano essere tollerati fino agli anni ’80 ora sono un deterrente, è anche vero che molti scrittori, io in primis, non accettano di piegarsi alla main stream che vuole romanzi velocissimi, privi di descrizione e ritmati come un film catastrofico di Hollywood. Catastrofico nel senso di avere una catastrofe ambientale o sociale come cardine di trama.

Come uscire da questa ambivalenza? Se non è consigliabile o possibile inquadrare il luogo del romanzo in un capitolo a parte, vuoi perché stiamo descrivendo un intero paese, vuoi perché stiamo ambientando in più luoghi, personalmente trovo molto utili le suggestioni, ovvero brevi incisi, al massimo un paragrafo, in cui far emergere un dettaglio alla volta, quando è utile alla narrazione.

Prendiamo ad esempio una descrizione “vecchio tipo” presente nel romanzo Memorie dal Buio – La Bestia

Foto archivio personale

Casa Darcy era affacciata sulla piazza principale di Cusago di Sopra. Confinava a est con quella del Console Ghilardi, ma aveva gli altri tre lati liberi e, in particolare, il lato ovest era separato dalla cinta muraria del castello solo da una stradina che portava al «Governo», ovvero il paese gemello, Cusago di Sotto.
Il Castello Visconteo, sul lato ovest della piazza, era stato costruito sopra antiche fortificazioni romane e troneggiava dirimpetto alla chiesa dei Santi Fermo e Rustico, ancora in costruzione. Entrambi vegliavano sulle case che si susseguivano, sui lati sud ed est della piazza.
Solo due strade vi accedevano, quella adiacente al Podere Darcy e una che ripartiva per Milano, costeggiando la chiesa verso nord, lungo il complesso degli edifici amministrativi e la locanda Stallazza, per poi piegare a est e divenire Via del Duca per raggiungere Milano o Cisliano.
Di tutte le case del paese, quella dei Darcy spiccava per l’altezza di due piani e mezzo e per la raffinata decorazione dell’intonacatura della facciata, che riprendeva con un affresco delicato l’annodarsi armonioso del glicine secolare che cresceva sul retro.
Il mezzo piano in più, che offriva finestre al livello del selciato, era la cantina, il regno dei profumi. La sua costruzione, isolata e sollevata dalle infiltrazioni di acqua, la rendeva asciutta e ventilata, e permetteva la conservazione del cibo tutto l’anno.
Un profondo foro nel pavimento, chiuso da una botola, era la ghiacciaia.
Un espositore di legno faceva riposare sdraiate le bottiglie del buon rosso del filare e quelle della birra, che il nonno preparava personalmente usando i raccolti del podere. Orzo e luppolo venivano tostati e fatti fermentare per creare una birra rossa e persistente e una bionda e leggera.
Dentro uno stipetto seccavano le erbe officinali, in attesa di essere setacciate, sgranate, miscelate e conservate nei barattoli dal tappo di sughero o nei sacchettini pronti all’uso.
Il primo piano vantava la cucina, un salotto, lo studio del nonno e il piccolo locale adiacente, usato come farmacia; al secondo piano c’erano tre camere da letto e un’ampia stanza da bagno.

Questa lunga parentesi, che apre il capitolo Due, serve per inquadrare una e una sola volta il paese e la casa, in modo da creare una fotografia del luogo in cui si ambientano gran parte delle scene e non dover più ripetere le descrizioni o riprendere dettagli prima omessi. In questa parte, il Castello Visconteo viene solo nominato, non descritto, per non togliere importanza alla casa Darcy, ma in un altro capitolo, trova una sua parziale descrizione dando la suggestione di cui parlavo prima. In questo secondo breve paragrafo ne do un’idea.

I due uomini che scortavano il dottore e che non parevano soldati o mercenari, piuttosto funzionari e burocrati, la presero per le braccia e la riportarono al piano terra. Da lì attraversarono il cortile interno, tirandola letteralmente per condurla nelle stanze riservate all’illustre ospite.
Lo studio dell’inquisitore era al secondo piano, nell’ala opposta del castello. La stanza era buia e tetra, con le finestre chiuse, i tendoni tirati e poche candele a rischiarare l’ambiente. Rispetto alla luminosità del giorno, si faceva fatica ad abituarsi all’oscurità interna e, con gli occhi abbagliati, Cécile strizzò le palpebre per potersi
guardare intorno.
«Ecco Eccellenza, abbiamo portato la strega, come da accordi», disse Tommaso rivolto verso una scrivania, cui era seduta una figura con un manto nero e un cappuccio sul capo
.


Non era necessario fare una descrizione accurata di tutto il castello, ma solo delle stanze utili e del modo per arrivarci. Per maggiori informazioni sulla descrizione dei luoghi, potete leggere questo articolo.

Foto dal Web

Veniamo ora alla SECONDA DOMANDA. Se avessi tempo e denaro, farei come Elizabeth George che ha scritto un grazioso libro di consigli di scrittura, in cui parla di come (brava solo lei, pessimi noi a non farlo…) passi mesi nei luoghi dei suoi futuri thriller. Ma noi noi siamo King con gli otto editor o lei con il portafoglio a soffietto, quindi dobbiamo lavorare con maggiore fantasia e coi mezzi che abbiamo a disposizione.

Nella foto, gli appassionati riconosceranno il profilo del villaggio di Cabot Cove, il luogo a più alto tasso di criminalità del mondo, altro che Bronx! In questo luogo ameno lavorava l’investigatrice Jessica Fletcher nella pietra miliare “Murder, she wrote”, ma quello che non tutti sanno, è che il luogo che ha ispirato questo paese del Maine si trova in realtà in California!

Come possiamo creare la nostra Cabot Cove senza mai essere stati nel Maine o in California? Semplice. Iniziamo ad amare Google Earth, che mostra tutto il globo in un click e fornisce anche un’idea di altitudini e punti di vista, oltre a una visione di insieme di distanze, territorio e abitazioni. Associando questo potente mezzo con Google Street View, possiamo arrivare a una buona approssimazione in tutti quei casi in cui non possiamo permetterci una visita di persona o in cui non si può “inventare” un luogo. Infatti, se inventare un panettiere sull’ottava strada di New York può essere accettabile, mutare la conformazione dei palazzi nel complesso dell’ONU o l’aspetto di Ground Zero non è possibile.

Tutto il resto lo fa una ricerca su Wikipedia o su altri motori di ricerca, in modo da contestualizzare anche flora e fauna locali e avere così un’idea (molto importante a mio avviso), dei dettagli quali odori, direzione dei venti, sapori. Tutte quelle suggestioni di cui parlavo a inizio articolo.

Foto dal Web

Scrivendo un fantasy puro, incappiamo in un problema diverso. Se da un lato abbiamo carta bianca per inventare qualsiasi cosa, dall’altro corriamo il rischio che le persone non riescano a calare l’azione in un luogo specifico, perché in un “nuovo mondo” non possiamo sfruttare il fatto che le persone già possano attingere al back ground culturale che ci evita di descrivere minuziosamente New York o Milano.

In un romanzo fantasy, ci occorre creare una mappa, come quella di Westeros che correda tutti i libri del Trono di Spade di Martin, che ci aiuti a non finire mai fuori ambientazione o a creare paradossi sule distanze o le localizzazioni delle azioni. Non è necessario che tale mappa sia graficamente impeccabile e infilata nel libro, ma sicuramente deve essere sulla nostra scrivania mentre componiamo il romanzo!

In conclusione, se riuscissimo a visitare i luoghi dei romanzi, il nostro scritto guadagnerebbe in realismo da tanti piccoli particolari e riusciremmo a calare maggiormente il lettore nel cuore dell’ambientazione grazie alla nostra esperienza sensoriale tradotta su carta. Ma se muoverci ci è impossibile, non dobbiamo smettere di esercitare la mente a creare spazi e luoghi, completandoli con quelle suggestioni che la fantasia e l’esperienza di luoghi analoghi ci concede.

L’unica cosa davvero importante, è emozionare chi ci legge e tenerlo attaccato alle pagine!

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