Determinare la psicologia dei personaggi è importante in ogni scritto, non solo nei thriller psicologici propriamente detti, perché un buon personaggio, come dico sempre, è un personaggio credibile, coerente anche nelle sue follie. Benché alcune patologie mentali come il bipolarismo o le personalità multiple siano ancora presenti nei testi di psicologia e nella popolazione, a mio avviso ne è stato fatto già abbastanza uso e l’archetipo “Dr. Jekyll e Mr. Hyde” risulta ormai stantio e spesso interpretato a sproposito. In questo articolo non esaminerò le patologie propriamente dette, per quello aspetterete un prossimo scritto, ma mi occuperò di tutte quelle dinamiche psicologiche viziate, contrapposte alle normali, che possono essere scelte per caratterizzare la psiche dei nostri personaggi, protagonisti o antagonisti che siano.
Per questa trattazione, prendo spunto dalla teoria dell’Analisi Transizionale (AT) che ci aiuterà a capire la complessità delle dinamiche psicologiche (quelle che ho definito nel titolo “giochi”) tra persone e quindi personaggi. L’AT afferma tre punti basilari:
- tutti nasciamo buoni (io sono ok/tu sei ok)
- ognuno ha la capacità di pensare
- ognuno decide il proprio destino, quindi il cambiamento è possibile
I comportamenti, le emozioni, pensieri e sentimenti di ogni persona sono la base (e pertanto risiedono) negli STATI DELL’IO e condizionano i nostri comportamenti secondo precisi modelli. Gli stati dell’io sono tre e noi li usiamo tutti nel corso di una normale giornata, anche se non ce ne rendiamo conto e queste modifiche possono avvenire in maniera funzionale o disfunzionale, proprio perché ogni stato ha una duplice valenza, e ogni valenza ha una sfumatura positiva o negativa. Vediamoli tutti insieme:
- stato dell’IO GENITORE (G): viene usato quando il nostro comportamento è afferente a un modello genitoriale così come l’abbiamo vissuto e percepito nell’infanzia dalle nostre figure di riferimento. Il GENITORE AFFETTIVO (GA) è quello che consiglia, protegge, stimola e aiuta in valenza positiva, ma in valenza negativa soffoca, si sostituisce all’altro, iper protegge e rende dipendente; il GENITORE NORMATIVO (GN) in valenza positiva fissa le regole al fine di proteggere e indirizzare, ma in valenza negativa si mostra estremamente critico, svalutante, con la tendenza a ridicolizzare o elargire punizioni.
- stato dell’IO BAMBINO (B): interviene quando reagiamo agli stimoli esterni proprio come avremmo fatto da bambini. Il BAMBINO LIBERO (BL) è presente quando abbiamo libertà di espressione, sincerità e curiosità e rappresenta una valenza positiva, ma sfocia in negativa se questo comportamento diventa impulsivo, spericolato, immaturo, egoista. Il BAMBINO ADATTATO (BA) invece è presente quando i bloccanti genitoriali hanno effetto arginando i bisogni infantili per poi farli emergere in contesti appropriati, ma tutto ciò ha anche una valenza negativa, quando questo blocco genera un individuo passivo e represso, compiacente o per estremo, ribelle e contro-dipendente.
- stato dell’IO ADULTO: caratterizza le persone ben radicate nel presente, che sanno esaminare il “qui e ora” con razionalità, ascoltando gli altri e prendendo decisioni senza prevaricare. Il rovescio della medaglia lo vediamo quando c’è troppo distacco e le caratteristiche di prima vengono soppresse. L’io adulto tiene le redini e modera gli altri due stati.
Il passaggio tra uno stato e l’altro è mediato dalle TRANSAZIONI, ovvero da quei dialoghi (interni o con un interlocutore vero) che creano la comunicazione. Se fossimo a una lezione di fisica, potremmo definire la transazione il “quanto” minimo di energia che crea una comunicazione e, per il nostro essere animali sociali, ogni risposta a una transazione (definita carezza), ci offre appagamento, anche se una carezza è negativa, perché comunque presuppone che l’altro ci abbia visto, riconosciuto e ascoltato.
Ultimo concetto teorico della AT è la POSIZIONE esistenziale, ovvero il nostro atteggiamento verso il mondo, che determina quale stato dell’io risponderà più frequentemente al “gancio”, ovvero al primo stimolo della transazione. La risposta è definita “anello” che si attacca al gancio e origina il dialogo. E’ palese che il vissuto della singola persona può determinare transazioni diverse e l’apparizione di stati dell’io sempre differenti a seconda dell’argomento.
- io sono ok/tu sei ok – posizione sana, ottimale, in cui ci sentiamo degni d’amore e pronti a darlo senza prevaricare. Siamo in relazione positiva con gli altri.
- io non sono ok/tu sei ok – posizione depressiva in cui prevale una svalutazione di sé, paure, sensi di colpa, inadeguatezza, bisogno di approvazione da parte del mondo.
- io sono ok/tu non sei ok – posizione paranoide, in cui ci si sente superiori agli altri, li si svaluta con aggressività fisica o critiche.
- io non sono ok/tu non sei ok – posizione con forte senso di inutilità, disagio con sé stessi e con gli altri, forti sensazioni di sfiducia.
Il “gioco psicologico” non è assolutamente qualcosa di ludico, ma un insieme di transazioni, richieste di carezze (funzionali o disfunzionali), di riconoscimento, ripetizioni di situazioni confortevoli o comunque preferite in un individuo che spesso annullano l’Io adulto a favore di emozioni sgradevoli (emozioni parassite in cui pensiamo di avere vinto ma in realtà ci sentiamo tristi), tornaconto e doppi messaggi (discordanza tra parlato e sensazioni interiori). Questi giochi sono abbastanza frequenti nel Teatro di Improvvisazione e nel Gioco di Ruolo e iniziano con un Gancio, ovvero una svalutazione di una situazione, cui l’altro risponde con un anello e da lì inizia il gioco. Esempio:
Gancio: Non riuscirò mai a scrivere il nuovo capitolo del romanzo!
Anello: Perché non provi a fare una passeggiata per schiarire le idee?
Inizio del gioco: Sì, ma poi resterò fuori fino all’ora di cena e non combinerò niente!
Il “Sì, ma…” è l’anello classico, che accarezza il consiglio, ma che oppone subito dopo un problema, vero o presunto. All’interno di un gioco possiamo interpretare uno alla volta tre ruoli del cosiddetto “triangolo drammatico” a volte anche scivolando dall’uno all’altro:
- VITTIMA – si sente inadeguata, cerca aiuto, attenzioni, si svaluta, non si stima.
- PERSECUTORE – si sente superiore, svaluta gli altri e li sminuisce.
- SALVATORE – si sente superiore solo se può aiutare gli altri, perché li considera incapaci di aiutarsi da soli: l’aiuto che offre è solo per la propria gloria.
E’ evidente che nella figura, salvatore, vittima e persecutore sono affiliati anche a degli stati dell’io (e l’adulto è fuori dalla dinamica, perché dovrebbe mediare) e che, che nell’esempio di prima, chi offre il gancio è la vittima, chi acconsente all’anello è il salvatore.
Da questi giochi emergono molto facilmente le dinamiche psicologiche infantili, i problemi che non sarebbero mai emersi se avessimo chiesto semplicemente a una persona di dirci “cosa non va”. Attraverso il gioco, la simulazione, si attiva quella sospensione dalla realtà che permette al paziente di far emergere i propri conflitti. Un esempio è nel gioco del “GUARDA CHE MI HAI FATTO FARE!” in cui la vittima, incapace di prendere decisioni, fa in modo che sia il salvatore a prenderle per lei e, se queste condurranno per caso a un fallimento, la vittima potrà caricare la colpa sull’altro. Un altro tipo di dinamica tossica è quella del “GOFFO PASTICCIONE”, ovvero quella persona di indole persecutoria, che combina sempre guai (piccoli come rovesciare dei fogli o anche peggio), ma che viene sempre perdonato perché in fondo chiede scusa per i guai che combina e non ha mai agito in malafede, giusto? Sbagliato! O per lo meno non sempre l’azione è in buona fede (vittima), potrebbe essere, ad esempio, un richiamo, una richiesta d’aiuto, di una carezza, di essere notati o l’anticamera di comportamenti rabbiosi e rancorosi accumulati dietro questo aspetto apparentemente innocuo (persecutore propriamente detto).
Siamo arrivati alla fine di questa sintetica trattazione che ha lo scopo di aiutarci da un lato a dare maggiore spessore a un personaggio, definendo il suo comportamento coerente nelle azioni del romanzo rispetto al suo passato, dall’altro a trovare spunti di dialogo e di interazione che risultino efficaci tra i personaggi. Come dicevo in un altro articolo, il dialogo costruisce la trama e deve essere funzionale, andare al sodo e mantenere coerenza nell’evoluzione dei personaggi e nei loro rapporti con l’azione.
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